A Miami, Florida, il 15 febbraio
1933 Giuseppe Zangara, muratore disoccupato del New Jersey, originario dell’Italia, sparò cinque colpi di
pistola alla nuca del presidente eletto (per la prima volta) Franklin
Roosevelt, in carica da soli due mesi, ma colpì il sindaco di Chicago Cermak
che era al suo fianco.
Zangara era nato a Ferruzzano,
in provincia di Reggio Calabria, nel 1900, aveva fatto gli ultimo mesi di guerra,
e nel 1923 era emigrato, senza mestiere, con lo zio muratore negli Stati Uniti,
a Chicago. Occupandosi come manovale nell’edilizia. Dal 1929, dopo soli sei
anni, era cittadino Americano. Piccolo
(1,50) e magrolino, fu giudicato e giustiziato velocemente, il 20 marzo. Un record
per una condanna a morte – è il motivo che ha spinto Picchi a studiarne il
caso.
Il processo fu molto rapido,
cinque giorni. E Zangara non fece impressione, neanche come attentatore. Fu
condannato, perché aveva ucciso un uomo, senza attenuanti. Ma con un dubbio: se
il suo obiettivo non fosse il sindaco di Chicago.
Morì gridando, pare: “Viva l’Italia!
Arrivederci a tutti i popoli poveri ovunque!”. Ma non sapeva abbastanza inglese
per dirlo. Ed era sconosciuto ai circoli anarchici. Al processo aveva sostenuto
che il suo nemico non era il presidente neo eletto, ma i ricchi, i potenti, i
colpevoli della povertà del mondo, e degli immigrati in specie.
Picchi ricorda che la vita
beve di Zangara era stata segnata dalla morte della madre poco dopo la sa nascita,
e dall’avviamento al lavoro a soli sei anni, senza un briciolo di scuola. Non
era comunque politicizzato, nessuno gli aveva ma sentito un commento politico,
sia pure violento. Mentre molti indizi, vangati successivamente, portano a una
sua affiliazione alla banda di Frank Nitti, un boss di Chicago. Nitti avrebbe
addestrato Zangara contro Cermak, un sindaco antimafia negli anni ruggenti
della Chicago mafiosa, attorno al proibizionismo,
Picchi, avvocato, docente di
diritto penale all’università della Florida, ne fa un caso di procedura
giudiziaria: il giudizio lampo, in cinque giorni, troppo rapido per una condanna
a morte, sia pure in flagranza di reato. Katia Massara, storica contemporaneista
alla Unical, l’università della Calabria. ha tradotto e presentato la ricerca
di Picchi già dieci anni fa.
Zangara è citato di passaggio
da Philip K. Dick in “La svasticva sul sole”. L’attentato di Zangara ha avuto
successo, e gli Stati Uniti non sono mai usciti dalla crisi, non essendoci stato
il presidente della ripresa economica, lasciando così Germania e Giappone padroni
del mondo.
Blaise Picchi, Le cinque settimane di Giuseppe Zangara, l’uomo
che avrebbe volute uccidere FDR, Klipper, pp. 274 € 20
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