Un racconto inevitabilmente apologetico - non si suscitano i ricordi per aggredirli, la nostalgia è patina indelebile.
Che però naviga convincente tra le miriadi di nomi, e gli eventi, i mutamenti, le
trasformazioni del secondo Novecento: mezzo secolo di vita e di storia.
L’autrice è stata a lungo
insegnante. L’insegnamento ha avviato ventenne nel bergamasco, in una valle
fredda delle Prealpi lombarde, ma col calore della gente – il leghismo è un
progetto politico e un pennacchio sovrapposto forse a una popolazione di suo paciosa,
a un humus obbediente più che corrivo.
Lo ha poi continuato al paese natio in Aspromonte. Anche qui con sorprese. Un mondo
quanto mutato in pochi decenni – “come non ricordare le merendine passate di nascosto
ai ragazzi bisognosi”, esperienza comune agli insegnanti di non molto tempo fa nell’ubertosa
Calabria. Quindi una felice convivenza con un artista geniale dell’occhio e del
colore, Tommaso Minniti (“Mintom”), dopo una persistente tentazione dei voti,
di una vita conventuale al servizio degli altri. “Un uomo inquieto, tormentato,
ma in fondo speciale”, che, quando Mimma si pensiona appena ne ha la posibilità
per stargli più vicina nei frequenti spostamenti, muore in soli cinque mesi di
morbo incurabile.
Una storia di solitudine
anche, in mezzo alla famiglia, affettuosa, numerosa, e ai riconoscimenti, nel
proprio ambito “naturale”. E di un mondo femminile formicolante – ennesimo sberleffo
allo stereotipo sciocco della “donna del Sud” – di amicizie, idee, progetti, sogni
anche.
Riflessioni in versi intervallano
la narrazione, tra il lirico e il sapienziale, con punte alte di verità
poetica. “L’oblio è la negatività,\ il ricordo è il riscatto\ dell’umana
fragilità” è l’esergo. Il ricordo insorge “a diluire nello scorrere del finito\
le mie ansie di eterno”. Un racconto di personaggi e fatti “nei ricordi tornati per dare un senso\ al mio
presente”. Risarcitore, in età, nell’isolamento inevitabile, a volte ricercato –
“il mio animo vuoto\ si sazia di nostalgia”. Avventuroso – “ti ho ritrovata mia
giovinezza\ speranza di infinite\ certezze”. Infine contento: “Mi sono abbeverata
di certezze\ mi sono saziata di passato”. La chiave della scrittura de “Gli
anni”, semplice ma accattivante.
Con una presentazione della
poetessa Pina De Felice – “la parola diviene libertà”. E una postfazione di Giancarlo
Musicò. Musicò, giovane sacerdote, coglie il punto nodale di questo tipo di
scrittura, agganciandolo alla speranza – che è virtù cristiana: “Proprio perché
Mimma sa lavorare all’interno della sua storia, senza ritoccarla, fa del suo
testo un «testo di speranza», in quanto la speranza cristiana non è utopica né sganciata dalla concretezza anche dolorosa della vita, al contrario è una virtù
che entra nel labirinto della vita e trova sempre nuove vie d’uscita, strade
inaspettate di paradisi anticipati”.
Mimma Licastro Minniti, Tra le pieghe del tempo, Nuove Edizioni
Barbaro, pp. 128, ill. € 10
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