La satira del generone italico,
nel 1968, detto jet set, che il
Sessantotto avrebbe spazzato via - non il generone, il linguaggio che generava.
Ma dieci anni prima c’era già stata la “Dolce vita”, ben più persuasiva. È una
satira dispeptica, non coinvolgente. Anche come ritratto d’epoca, cinquant’anni
fa, non prende. Il Grande Imprenditore-Affabulatore-Seduttore, di cui il
racconto è il rittratto, che discetta di etichetta prandiale, cena intima, seduta,
in piedi, social, sexy, e social sexy o sexy social, fa suo ogni profilo femminile
purché di classe (“la bellezza è intelligenza”), sognando “la principessa”, ha “serate”
di 24 ore, e insolentisce ovviamente i collaboratori, è “the king of bidet”,
impegnato a vendere l’attrezzo al mercato angloamericano, che lo ignora. Che è,
era, una barzelletta.
Ottieri, letterato precoce,
con interessi e studi di sociologia, è stato narratore prolifico, “il” narrator
degli anni 1960 a giudicare dai titoli, ma non se ne salva probabilmente nulla.
Forse “Donnaruma all’assalto”, 1959, sull’esperienza in fabbrica a Pozzuoli, che
apriva con Volponi il breve filone della narrativa “industriale” – entrambi lavoravano
con Adriano Olivetti. Questa satira ha l’aria di un divertissement, svagato. Un collage
probabile di frasi tratte dalla stampa popolare scandalistica dell’epoca, “Stop”,
“Abc”, “Oggi”, “Novella”. C’è anche una Piscicelli, in anticipo sul terremoto
dell’Aquila. Ma non “colla”. Gli studenti “giocherellano”. Orazio, il Grande
I-A-S, è sportivo, ma “lo sport da me preferito”, confessa non richiesto, “è il
social climbing”. I dialoghi sono di
questo tipo: “Il diner in piedi è
denagogico. Serve quando mescoliamo. Il dîner
seduto serve quando scegliamo”.
Un reperto d’epoca, esso
stesso. Di quando era d’obbligo la noia.
Ottiero Ottieri, I divini mondani,
Bompiani, remainders, pp. 79 € 3,50
Guanda, pp. 90 € 11,50Bompiani, remainders, pp. 79 € 3,50
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