Non è la sola domanda.
Jullien si propone, per sette capitoli, di “scandagliare metodicamente la
nozione di identità culturale, per svelarne le contraddizioni”. A che fine? Non
scientifico, se parte da un assioma. Ha più senso allora
V.S.Naipaul, il Nobel che viveva tre mondi, l’India, le West Indies e Londra, a
dire che l’unica via per salvarsi resta l’Occidente – il Jullien sinologo
potrebbe dire lo stesso della Cina?
Non è un pamphlet per tutti, l’impianto è di distinzioni: terminologia,
definizioni. Peraltro imprecise – c’è in Francia dilagante un’arte delle
distinzioni, postfoucaultiana e postderridiana, che è l’arte della confusione,
si distingue fino all’inverosimile. Si parta dal cap. 1, la distinzione tra
“universale”, “uniforme” e “comune”. L’“uniforme” non ci piace, comune è “ciò
che si condivide”, universale è deviante, assimilando superficialmente il
modello dell’esigenza etica con quello della necessità scientifica. E così
via.
Il messaggio però vuole
essere chiaro, quello del titolo. Un assurdo. Si prenda l’“universale”, che
Jullien si applica a distruggere al cap. 2. È “il prodotto di una storia
singolare del pensiero”. E cioè di tre nozioni “occidentali”: il “concetto”
della filosofia greca, la “cittadinanza” del diritto romano, la “salvezza” del
cristianesimo. Sono nozioni buone, sono cattive? Non importa, sono occidentali
e quindi, ora che l’Occidente perde la sua egemonia, perdono il credito
accordato all’universalismo che l’Occidente pretendeva d’incarnare.
Insomma, è una questione di
potere. Ma c’è una storia non “singolare” del pensiero? E, se di egemonia si
tratta, dove l’Occidente la sta perdendo? In Cina, col partito comunista ultrà
capitalista?Tra le macerie islamiche? Crederà anche Jullien, che si mostra su
Wikipedia sfottente, forse anche lui in corsa all’Eliseo, dopo Macron, che gli
Stati Uniti siano finiti, con e senza Trump?
In realtà il filosofo
antichista si cautela: contro la “uniformazione” (la globalizzazione, il globish etc.) e contro l’“identitario”,
vuole “inaugurare”, basandosi sulla “forza inventiva dello scarto, un comune
intensivo”. Tiene conto del reale, e formula una auspicio.
Una buona azione, forse, ma
dannosa – ammesso che ancora si legga.
François Jullien, L’identità culturale non esiste,
Einaudi, pp. 96 € 12
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