Bellezza – È stata a lungo in Italia insegna del
potere. Principi, cardinali, banchieri non investivano in eserciti e gente di
mano, né in donne, benché ne usassero, o mignottini, ma in architetti, pittori
e scultori. Non nella rendita urbana o l’industria, ma nell’arte. Sembravano
dissipare, e invece accumulavano. La bellezza moltiplicata è il segno della
continuità aristocratica, del potere come splendore. Erano produttivi? In un
senso sì, della ricchezza immateriale che ha fatto sì che per secoli ogni
italiano, anche nei villaggi sperduti tra i monti, sia cresciuto tra i segni
della bellezza, una vergine, una naiade, un trionfo. Con effetti sicuramente
alfabetizzanti, tra gli stessi pastori, di pecore.
L’Origine della disuguaglianza Rousseau
conclude triste: “A che serve la bellezza dove non c’è amore?” È come dare
l’ingegno, si risponde, a chi non parla,
l’astuzia a chi non traffica. Non c’è merce senza scambio, né significato,
delle cose o delle persone. Ma l’amore lo stesso Rousseau aveva detto “passione
terribile, che nel suo fervore sembra dover distruggere il genere umano che
sarebbe destinato a conservare”. Né c’è accordo sulla bellezza. Che cos’è la
bellezza? Choderlos de Laclos la vuole connaturata alle donne, e bella la donna
fresca, grande, forte, una ragazza alta, cioè, dal carattere impetuoso, “un
modo d’essere che fa sperare il godimento più delizioso”. Non molto. Per
Heisenberg la bellezza è semplicità: l’appropriata conformità delle parti l’una
all’altra e al tutto, un teorema tanto più è bello quanto più è semplice. Francis
Bacon invece la bellezza vuole brutta: “Non c’è bellezza eccellente che non
abbia qualche stranezza nella proporzione”. La
bellezza è arte retorica, dunque, dice Hume.
Certezza
–
Chi ha ragione non ha fede, argomenta il cardinale decano dell’ultimo romanzo
di Robert Harris, “Conclave”. È vecchio argomento. Ma non senza argomenti. Chi
ha “la” ragione non ha bisogno della fede. Ma nello steso tempo è intollerante,
gliene mancano i presupposti. Il personaggio del romanzo – cardinale decano
durante l’elezione di un papa – premia il dubbio: “La certezza è nemica mortale
della tolleranza…. La nostra fede è una cosa vivente proprio perché cammina
mano nella mano col dubbio. Se esistesse solo la certezza e non ci fosse il
dubbio, non ci sarebbe mistero e quindi nessun bisogno di fede”. E continua
invitando alla preghiera perché “il Signore ci conceda un papa che dubiti”. Che
sembra blasfemo, ma il primo peccato è quello di orgoglio.
La
Didaché è semplice, la Dottrina dei
Dodici Apostoli: due sono le vie, della vita e della morte, e la differenza è
grande. La via della vita è netta: anzitutto amerai Dio che ti ha creato, poi
il prossimo tuo come te stesso. Sapienza è ignorare il male.
Fede
–
La fede come l’amore richiede coraggio, temerarietà.
Individuo - L’individuo è
la sua boria. Si può fare molta psicologia sulle persone effacées – miti, inermi, “incapaci”, retrattili – ma a valere da
questa verità. Gli altri sono da curare, specie in epoca individualistica. L’individualismo
non protegge l’individuo ma il più forte. Ne impone l’autorità come autorevolezza.
Non ci sono tanti gregari, o considerati tali, quanti in epoca individualistica.
Non c’è niente di più crudele di una coscienza
laica, la cui legge è il successo. L’individualismo, l’orgoglio intellettuale,
non è della natura, è il demonio.
Il notabile disprezza la ricchezza perché
è già arricchito Ma l’etica di chi si vuole unico e critico è la sua personale
fortuna.
In Francia e in Italia, di cui questo
individuo è figlio, ha prosperato appropriandosi dei beni ecclesiastici,
talvolta da beghino.
Mafia
–
È un problema di ordine pubblico. Quando
i Cutolo e i Riina attaccano il potere, beccano sempre, il potere sa essere
inflessibile. È diverso quando si accontentano di tenere sotto scacco gli
onesti lavoratori e i non violenti. La malavita è anzitutto un problema di
giustizia, sociale.
Natura – Il
catalogo della bellezza è limitato:
occhi d’agata, denti d’avorio, labbra di rubino, capelli d’oro, collo di marmo.
E tutto minerale.
Ogni amore è amore di una cosa, la moto,
la bici, la macchina, un vestito, o il paesaggio e il chiaro di luna, in riva
al mare, una notte di mezza stagione, limpida, in Africa, dov’è rossa, o a
Sorrento, dov’è d’argento. Un corpo, uno sguardo. Le quali cose certo ci
turbano, ma non per sempre, e non alterano. Si può disprezzare il cibo, gli
americani lo fanno e ingrassano lo stesso, forse di più, riducendolo a per
centi di calorie, vitamine, proteine, amminoacidi o che altro. Ma ognuno vuol
bere un bicchiere di vino gustandolo invece che trangugiandolo. Non si può
rifiutare la natura, in quanto è bellezza. Ma la natura può essere cattiva e
anche nociva, non sempre se ne può fare un’arte, per esempio defecando, anche se
si può farlo in sontuosi bagni, o regolarsi come Rabelais, con torche-culs d’occasione.
Già Omero spiega che la bellezza non è legata
al possesso, solo ai sensi, la vista, l’olfatto, l’udito. Il possesso vero
essendo non delle cose ma delle anime, cioè del corpo. La bellezza per questo
resta intatta al diavolo e ai santi, o alle ninfe, il possesso è carico
d’ignoto, è una sfida che si rinnova.
Passione - La passione è patire, non una bella cosa. È da Omero che la
psicologia, umana e divina, ha coscienza di essere dominata da passioni irresistibili
e inspiegate, in forma di possessione. Che ogni volta lasciano un segno, ed
ecco le metamorfosi, l’ira di Achille, l’inganno di Ulisse.
Più forte e comune è la possessione in forma
di amore. Ma né in Omero né dopo si spiega come a queste metamorfosi resti
indenne chi le provoca, sia esso ninfa o diavolo. È il problema della bellezza,
che molti trasforma, forse pure gli dei, e può restare inalterata, inalterabile.
Psefologia – È la branca
della Scienza politica che si occupa dello studio e dell’analisi delle elezioni.
Da psephos, ciottolo, lo strumento
che i greci usavano per votare. La democrazia è pastorale e di villaggio. E
poi?
Spontaneità
–
Nell’arte richiede somma cura. Nell’espressione è più spesso mostra di
confusione.
zeulig@antiit.eu
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