“L’uomo e la donna pensano allo stesso modo”. La superiorità dell’uomo è
fuori discussione: “È categoricamente certo che Dio creò la donna ad uso
dell’uomo”. Ma la donna è solo diversa, non inferiore: “La condizione e
l’educazione della donna sono le due cagioni che la rendono differente da
noi”. Un’anticipazione quasi multigender, o no
gender, del 1772. Di Casanova - all’epoca se ne poteva questionare, senza
danno per nessuno. Un libello scritto per fare un po’ di soldi a Bologna, in
fuga da Firenze, inseguito dalle guardie del granduca per aver truffato al
gioco 12 mila zecchini a un Lord inglese.
A Bologna Casanova fu protetto da un suo vecchio compagno di bagordi di
Parigi, benché noto omosessuale, il cardinale Antonio Branciforte Colonna, che
vent’anni prima era stato legato del papa nella capitale francese. E in
libreria incontrò un “abate guercio” con la proposta di guadagnarsi qualche
zecchino facendo da arbitro tra due libellisti. Due dottori dell’Università.
Uno, Petronio Ignazio Zecchini, teorico del “furore uterino” – “Bisogna
perdonare alle donne gli errori che commettono”, così Casanova ne sintetizza il
libello, “perché a causarli è l’utero, che le fa agire contro la loro volontà”.
Il cui oppositore, Germano Azzoguidi, “Madame Cunegonde”, aveva buon gioco a
ribattere sulla stessa lunghezza d’onda, ma invertendo la proposizione: le
donne pensano come gli uomini, l’anatomia “non ha mai scoperto il più piccolo
canale di comunicazione tra esso e il cervello”.
Un libello di Casanova, che non si nega il salace. A proposito dell’utero,
e di ogni evenienza. Da Eupolemo Pantaxeno, il nome adottato per lArcadia, con
le cui sigle firma il libello. Su mentula
costruisce una digressione incatenata, tra il sette (lettere) il tre (sillabe),
il quattro (materie).Ma più colto che salace. Scopre i “prestiti”, brevi e
lunghi, degli opuscoli che critica da Rousseau e Voltaire. Spazia da Platone a Moro e Campanella, con
proprietà di riferimenti. Ribalta il materialismo di Gorter, medico olandese
molto in voga nel primo Settecento, in gara col più quotato La Mettrie, autore
di molta divulgazione scientifico-ateista. E ridicolizza l’erudito olandese
Gerardo Giovanni Vossio, che, lapalissiano in anticipo, sosteneva “feminas non
esse homines”.
Senza eccessi, molto oraziano – “gli uomini che vogliono sapere, non temono
ostacoli”, “folli vogliamo raggiungere il cielo”, “l’uomo che fugge (vir
fugiens) può sempre combattere”. Con qualche verità anche scomoda: “L’uomo ha
tutto in suo potere, e la donna non possiede che ciò che le è donato dall’uomo:
ecco la cagione che la donna è più dominata dall’avarizia che dalla lussuria, e
che l’uomo è tutto all’opposto” – la lussuria come prodigalità, e liberalità,
verso se stessi.
La contestazione di Gorter assume il contorno di una cosmogonia, quasi religiosa. Assumendosene la “forza agente” quale forza vitale, ma in quanto “spirito universale che anima questo immediatamente creato da Dio globo terracqueo, di cui noi siam figli”. Casanova era (anche) una persona seria, colta. E ben del suo tempo, attivo e organizzato. Il “giovane abate guercio” che lo consiglia in libreria è Francesco Zecchiroli, erudito, intelligente, avventuroso, che sarà rivoluzionario vent’anni dopo, e sottoprefetto a Conegliano della Repubblica Cisalpiana. Il libello Casanova redige in tre giorni, lo manda a Venezia, al protettore Dandolo, col quale briga per un ritorno da libero in città, per farne stampare 500 copie, le riceve “in non più di dieci giorni” (Renato Giordano nella prefazione), e le vende con successo. Con un “avvertenza dell’editore” scritta in francese, in slang parigino.
La contestazione di Gorter assume il contorno di una cosmogonia, quasi religiosa. Assumendosene la “forza agente” quale forza vitale, ma in quanto “spirito universale che anima questo immediatamente creato da Dio globo terracqueo, di cui noi siam figli”. Casanova era (anche) una persona seria, colta. E ben del suo tempo, attivo e organizzato. Il “giovane abate guercio” che lo consiglia in libreria è Francesco Zecchiroli, erudito, intelligente, avventuroso, che sarà rivoluzionario vent’anni dopo, e sottoprefetto a Conegliano della Repubblica Cisalpiana. Il libello Casanova redige in tre giorni, lo manda a Venezia, al protettore Dandolo, col quale briga per un ritorno da libero in città, per farne stampare 500 copie, le riceve “in non più di dieci giorni” (Renato Giordano nella prefazione), e le vende con successo. Con un “avvertenza dell’editore” scritta in francese, in slang parigino.
Il libello aveva come sottotitolo “Epistola di un licantropo”. Perché,
argomenta Casanova divertito, anche certi uomini, i licantropi, hanno i loro
disturbi a ogni plenilunio, come le donne. Amano anche loro il lusso. Amano
anche loro l’amore. Per concludere autoironico: facciamo questioni di “lana
caprina”. Mettendosi al passo con i due litiganti: “tres medici, tres asini”.
Giacomo Casanova, Lana caprina, Elliot, remainders, pp. 69 €
4,50
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