venerdì 14 settembre 2018

Draghi ritrova la parola, contro l'Italia

“Danni dalle parole del governo”: ritrova la parola Draghi, dopo averla smarrita per alcuni anni, a partire da quando parlò lui stesso. Nell’estate del 2011, attraverso le confidenze al gruppo l’Espresso-la Repubblica, che hanno affossato l’Italia, forse definitivamente.  A rimorchio della Deutsche Bank dell’avventuroso Ackermann. Con la coda del ministro delle Finanze tedesco Schäuble e del presidente della Bundesbank Weidmann, che a settimane alterne, per un anno buono, hanno stimolato “i mercati”, sempre contro l’Italia – Draghi allora taceva.
Draghi, in uscita dalla Bce, è candidato da Lor Signori, come si chiamavano nelle prime repubbliche, a guidare l’Italia, e quindi fa l’anti-governo. Non potrebbe, ma pazienza, è il male minore fra i suoi tanti. Draghi è quello che ha affossato l’Italia nel 2011, sottoscrivendo la lettera minatoria del suo predecessore Trichet al governo Berlusconi-Tremonti, e rendendola pubblica, attraverso indiscrezioni mirate. Ed è lo stesso che, purtroppo patrocinato dal presidente Ciampi, ha condotto l’Italia alla rovinosa partecipazione a un euro inteso come supermarco. Con un cambio lira-euro penalizzante, e anzi assassino. Senza avere prima consolidato il debito. Forte di coefficienti euro rigidi, il 60 per cento del pil eccetera.
Draghi è ora famoso, e benemerito, perché, quando l’America spingeva per fargli scoppiare l’euro in mano, ha disposto l’estrema difesa. Che era poi nient’altro che il “quantitative easing” disposto dalla Federal Reserve e dalla Bank of England cinque anni prima, con la tempestività necessaria che l’ortodossia tedesca ha impedito in Europa.
Ha del resto salvato i debiti (l’euro) dopo aver salvato le banche tedesche con la “grande Bertha”, come la dissero grati i consiglieri economici della cancelliera Merkel, una cannonata: un gigantesco prestito a tre anni a bassissimo costo a tutte le banche, ma mirato ad avvantaggiare le banche tedesche, olandesi, belghe e austriache. È la prima cosa che Draghi ha fatto subito dopo il suo insediamento l’1 novembre 2011, quando il debito italiano era a quota 500, o 600. Fu solo un anno dopo che intervenne con altrettanta determinazione a salvare l’euro. Creando, e annunciandolo irrevocabile, lo strumento nuovo delle Omt, Outright Monetary Transactions, operazioni monetarie di acquisto senza limiti di titoli di Stato di paesi membri in caso di attacco contro gli stessi, quindi contro l’euro. Lo fece quando la minaccia ai Btp si era dissolta. Ma lo fece bene: senza formalità, sul mercato secondario come un qualsiasi operatore, con la stessa prontezza.
L’uomo cioè i mezzi ce li ha, non è uno sprovveduto. Non è innocente. E non parla a vanvera. È anche l’uomo di Goldman Sachs. E del “Britannia”, il panfilo della regina Elisabetta sul quale fu decisa venticinque anni fa la privatizzazione dell’ingente patrimonio statale italiano.. È l’uomo del famoso “vincolo esterno”, di un’Italia da tenere al guinzaglio – di chi?


















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