mercoledì 19 settembre 2018

Il mondo com'è (353)

astolfo


Bisanzio – Fu l’avamposto dell’Occidente o non il suo tradimento? In una sorta di anticipazione dell’islam, col quale collimerà? Ponendo il quesito, nel lungo saggio “Fuga da Bisanzio” (nella raccolta di saggi scritti in inglese e pubblicati in America “Less than one”, meno di uno), il poeta russo Iosif Brodsky, emigrato giovane in Occidente, premio Nobel 1987,  dà per implicita la risposta. Ma è pieno di argomenti. Partendo dal fatto che il Drang nach Osten di Costantino, come potremmo chiamarlo modernamente,a seguito della visione “in hoc signo vinces”, nel segno della croce, è alla ricerca di una croce viaria con cui Roma costruiva le città. Irridente ma non troppo: Costantino andò cioè a creare un’altra città. Prova ne sia che prima esaminò il sito di Troia e poi decise per i Dardanelli. Il cristianesimo c’era già, si può aggiungere, in tutto il Medio Oriente e fino in India.
Non il cristianesimo, dunque, ma un certo principio politico interessava Costantino: “Ciò che Costantino portò a Bisanzio aveva connotati che non erano più quelli della cultura classica: era già la cultura di un evo nuovo, maturata sotto il segno del monoteismo”. Che il potere vuole assoluto. “Lo sforzo di Costantino, uomo del’Est”, cresciuto all’Est col padrino Diocleziano, “è solo un episodio della generale spinta dell’Est verso Ovest” – “un nomade cavalca sempre verso un tramonto” (180).
Brodsky ha un’altra idea di Costantino. Il cui passaggio a Oriente analizza come una fuga da Roma. Dove abbandona la chiesa, malgrado l’appello della croce. Per esercitare il potere nelle forme orientali, asiatiche. Una specie di primo crociato. Che si fece però un impero duraturo, si può aggiungere, e poco “franco”. Servendosi di una forma riduttiva di chiesa. Da cui per questo  dopo qualche secolo Roma ebbe difficoltà a non separarsi.
Di seguito alcuni estratti delle argomentazioni di Brodsky.
“Che cosa vide e che cosa non vide Costantino mentre guardava la carta di Bisanzio?Vide, per usare un eufemismo, una tabula rasa. Una provincia imperiale abitata da greci, ebrei, persiani e simili- una delle popolazioni con cui aveva di solito a che fare, tipi sudditi della parte orientale del suo impero”…
“Non vide, invece, che aveva a che fare con l’Est. Una cosa è scendere in guerra contro l’Est – o anche liberare l’Est – e un’altra è viverci. Con tutta la sua grecità, Bisanzio apparteneva a un mondo nel quale il valore dell’esistenza umana era misurato secondo idee totalmente diverse da quelle accettate all’Ovest: a Roma, per quanto pagana fosse”. C’era la Persia, non c’era l’Ellade: “Se ad Atene Socrate poteva essere processato pubblicamente e poteva pronunciare interi discorsi – tre discorsi! – in propria difesa, a Isfahan mettiamo, o a Bagdad, un Socrate sarebbe stato impalato seduta stante, impalato o flagellato, e tutto sarebbe finito lì. Non ci sarebbero stati dialoghi platonici, né neoplatonismo, niente: infatti non ci furono”. RE qui c’è la continuità: “Ci sarebbe stato solamente il monologo del Corano: infatti ci fu.Bisanzio era un ponte verso l’Asia, ma il traffico che lo attraversava fluiva nella direzione opposta. Certo, Bisanzio accettò il cristianesimo. Ma questa fede , lì, era destinata a orientalizzarsi”.
Numerosi saranno i segni di questa predisposizione, di questa linea di continuità. Con l’iconoclastia che monta insieme con l’islam. “Tutta la scolastica bizantina, tutta la dottrina e il fervore ecclesiastico di Bisanzio, il suo cesaropapismo, il suo dogmatismo teologico e amministrativo, tutti i trionfi di Fozio e i suoi venti anatemi – tutte queste cose derivarono dal complesso d’inferiorità della nuova capitale, da un patriarcato ultimogenito che doveva fare i conti con la sua stessa incoerenza etnica”. Bisanzio si distinse nelle guerre soprattutto contro l’Ovest, portando a “una lenta ma costante erosione della croce e a un crescente relativismo nella mentalità bizantina”. E “chi sa se la sconfitta finale dell’iconoclastia non si debba spiegare con la sensazione di un’inadeguatezza della croce come simbolo e con la necessità di una contrapposizione visiva all’arte antifigurativa dell’islam? E se non fu l’ossessivo merletto arabo, l’incubo dell’arabesco, a spronare Giovanni Damasceno?)”, il teologo arabo di fede cristiana, vissuto forse cent’anni a cavaliere del 700, venerato come santo dagli ortodossi e dai cattolici, in primo piano contro l’iconoclastia decretata dal 726 dall’imperatore Leone III.
Prima l’islam, poi la Russia, c’è un filo con Bisanzio: “L’antiindividualismo dell’Islam avrebbe trovato a Bisanzio un terreno così propizio che col nono secolo il Cristianesimo non si sarebbe fatto pregare per fuggire verso Nord”. Lo scollamento era già radicale: “Il Cristianesimo che la Rus’ ricevette da Bisanzio nel nono secolo non aveva assolutamente nulla in comune, ormai, con Roma. Perché, nel suo viaggio verso la Rus’, il Cristianesimo si lasciò dietro non solo toghe e statue, ma anche il codice civile di Giustiniano”.
(continua)

Civiltà – Si diffonde da Sud a Nord. Come la vegetazione. In direzione opposta a quella dei ghiacciai.
Ma questo nell’emisfero Nord.

Lira turca – Era “un irreale mezzo di pagamento per prestazioni reali” già quarant’anni fa per il viaggiatore Josif Brodsky.

Nomadismo – Va, è andato, da Est a Ovest. E dentro una fascia climatica. I tartari e i mongoli nella fascia delle terre nere. I beduini nel deserto. I boscimani nel Kalahari. Gli eschimesi dentro il circolo polare artico.

Oriente – Il “fascino” dell’Oriente non sarà il servizio senza prezzo, dal lustrascarpe al tè, molto buono, in un mercato senza valore, opina il poeta russo Brodsky in “Fuga da Bisanzio”, 164. “Al  grido di guerra della bionda che sta diventando grigia: «Che affare! Che affare!»”, al bazar e davanti alle vetrine.

Nutre le religioni: tutte le religioni vengono da Oriente. Nessuna religione – un corpo strutturato di credenze - è germogliata in Occidente, le Americhe e l’Africa comprese (molti profeti ma nessuno stabile, dotato di fondo). O sì, la religione copta e il culto di Isis in Egitto. Ma quanto l’Egitto africano, sahelico, non deve all’Asia?


astolfo@antiit.eu

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