Bisanzio 2 - Brodskij
ha un preconcetto contro l’Est, dopo averci vissuto: “Il delirio e l’orrore
dell’Est. La catastrofe polverulenta dell’Asia.
Verde soltanto sulla bandiera del Profeta. Qui nulla cresce tranne i
baffi. Contrassegni salienti di questa parte del mondo: occhi neri, barba dilagante, già ricresciuta
prima di cena”….
“Se il
terreno bizantino si dimostrò così favorevole all’Islam fu molto probabilmente
per la sua composizione etnica – un miscuglio di razze e nazionalità al quale
mancava ogni ricordo, locale o generale,l di una qualsiasi tradizione coerente
di indi dualismo”. Brodskij assicura: “Non mi opiacicono le generalizzazioni”.
Ma non si priva di dire che “l’Est significa prima di tutto, una tradizione di
obbedienza, di gerarchia, di profitto, di commercio, di adattabilità; una
tradizione, cioè, rigorosamente estranea ai principi di un assoluto etico”. Di
più: Un fatto è certo: a qualunque estremo possa arrivare la nostra
idealizzazione dell’Oriente , non riusciremo mai ad attribuirgli la minima
parvenza di democrazia”.
Tutto
questo “prima dell’arrivo dei Tuirchi”: “Così non c’è molto da stupire se la
Chiesa di Roma storceva il naso al’odore di Bisanzio”. Era anche naturale: “Era
naturale che si tenesse alla larga da Bisanzio., sia per le ragioni sopra dette
sia perché Bisanzio – questa nuova Roma – aveva del tutto abbandonato la Roma
propriamente detta. Se si eccettuano gli effimeri sforzi di Giustiniano per
restaurare l’unità imperiale, Roma fu lasciata alle proprie risorse e al
proprio destino, ossia ai visigoti, ai vandali e a chiunque altro”.
Gli
imperatori dopo Giustiniano saranno orientali, “dai serbatoi in cui l’impero
reclutava per tradizione i propri soldati: Siria, Armenia e così via”. Si
chiamano romani ma non conoscono il latino: “Molti di loro, come la maggioranza
dei sudditi, non conoscevano una parola di latino e non avevano mai messo piede
nella città che già allora era parecchio Eterna. Eppure si consideravano tutti
romani, si chiamavano romani e si firmavano in quanto tali” – allo stesso modo,
aggiunge Brodskij dei dominions dell’impero
britannico (con la differenza, va osservato, che questi parlano l’inglese, e anche
molto bene, se scrivono in inglese e poetano). “Roma fu abbandonata a se
stessa, come al Chiesa romana”.
Da qui
un’evoluzione radicalmente diversa: “Il combinarsi dl diritto romano, che a
Roma era preso molto più sul serio che a Bisanzio, con la logica specifica dello
sviluppo interno della Chiesa romana, diede luogo gradualmente al sistema
etico-politico che sta al centro della cosiddetta concezione occidentale dello
Stato e dell’individuo”. Tracciando attorno a sé – in forma difensiva , va
aggiunto – “una sorta di cerchio, un cerchio che l’Est, in un senso puramente
concettuale, non varcò mai”. Con un
handicap, che la Chiesa si costituì da se stessa, “limitando la nozione del
male”. Limitandola all’“esperienza riflessa nel diritto romano, con l’aggiunta
della conoscenza di prima mano derivante dalle persecuzioni dei cristiani”. Che
è molto, ma non è tutto: “Col divorzio da Bisanzio il Cristianesimo occidentale
condannò l’Est alla non-esistenza, e
così limitò in misura notevole, forse perfino in misura pericolosa, la propria
nozione del potenziale negativo umano”. Fino a Stalin e al Grande Terrore –
sulla base della massima staliniana “da noi nessuno è insostituibile”.
Poi
arrivarono i Turchi. Che restarono attendati per tre secoli attorno a Costantinopoli.
Inventandosi anche loro un simbolo comune, analogo alla croce dentro le mura. E
nell’undicesimo secolo “spuntò, come sappiamo, la mezzaluna”. Infine, “la
tenacia fu compensata, e nel quindicesimo secolo la croce cedette le sue cupole
alla mezzaluna”. Un cambiamento d’insegne ma non radicale: “Il significato
della storia sta nell’essenza delle strutture, non già nel carattere del décor”.
“Nella
Bisanzio cristiana la differenza tra potere spirituale e potere secolare non
era eccessivamente palese… Qualcosa di molto simile accadde anche con la
Sublime Porta, vale a dire l’impero ottomano, alias la Bisanzio musulmana. Ancora una volta siamo di fronte a
un’autocrazia, fortemente militarizzata e un tantino più dispotica… Tutto lo
Stato era retto da un sistema gerarchico molto complesso in cui predominava
l’elemento religioso”. A Bisanzio “la gente si convertiva al Cristianesimo nel
quinto secolo con la stessa facilità con cui passò all’Islam nel quindicesimo
(anche se i turchi, dopo la caduta di Costantinopoli, si astennero da qualsiasi
persecuzione contro i cristiani)”.
(2. fine)
Walter
Pohl, storico austriaco esperto delle invasioni, conferma indirettamente a
Amedeo Feniello, su “La Lettura” di domenica la tesi di Brodskij: “Gli
Ostrogoti di Teodorico vengono utilizzati dall’imperatore di Costantinopoli per
sostituire Odoacre in Italia. L’invasione più violenta e distruttiva del VI
secolo, paradossalmente, fu quella dei Romani dell’Impero d’Oriente nel corso
della guerra greco-gotica, che inflisse danni gravissimi all’Italia”.
Etiopia – Un contrafforte
mediterraneo, cristiano, al centro dell’Africa, in una fase di decadenza. È la
sintesi di Giorgio Manganelli che vistò l’Etiopia nel 1970, nel quadro di un
progetto italiano per una Strada Panafricana. Che “vive insieme una fase
burocratica e una vita tribale disarticolata”. Per cui “gli sforzi
volontaristici di una elite ereditaria non possono sottrarla alla sua
inveterata staticità”.E ciò perché “vive una condizione che si potrebbe
chiamare di storia degradata”: “Collocata ai confini bantù, che la penetrano
lungo le frontiere meridionali e occidentali, l’Europa sottolinea la sua
qualità settentrionale, e ha come punto di riferimento culturale il
Mediterraneo”. Ma questo è la sua debolezza: “Culturalmente isolata, l’Etiopia
si è proposta come una fortezza, un luogo innaturalmente discontinuo, un paese
psicologicamente difensivo, afflitto dalla miseria e dal vanto delle origini”.
Tribù –
Persiste anche in Europa, e non per il ritorno del leghismo, di fronte all’immigrazione
di massa. Ne è il tratto caratteristico, e vi si è di fatto nobilitata, per il
sacro senso della patria e dei confini con le guerre più sanguinose del mondo.
Ma anche per una caratterizzazione innegabile. Bologna si governava bene col
papa, o Siena, e Ancona, che rivaleggiava con Amsterdam, pure in libertà.
Mentre gli americani sono democratici come gli inglesi, gelosamente uguali fra
loro, spietati fuori - ai giapponesi hanno spianato pure il cervello.
Di più la
persistenza si nota nell’islam. L’islam in Arabia Saudita per esempio, che è il
suo Luogo Santo per eccellenza, dà forte il senso di essere imploso, chiuso,
irrancidito. Altrove è garbato, talvolta lezioso, sempre modesto – è difficile
litigare con un mussulmano. In Arabia Saudita, dove è l’unica ragione di vita,
almeno prima del petrolio, sembra acuirsi una sua intima schizofrenia. Che
viene detta complesso d’inferiorità, con tutta l’acredine che questo comporta,
nei confronti dell’Occidente dominatore, ritenuto solo più fortunato, ma la cui
natura sembra diversa: è il rifiuto del mondo e insieme il desiderio di
cavalcarlo, più accentuati entrambi che nel cristianesimo. L’Occidente, da cui
hanno ripreso tutto quello che avevano perduto, la poesia e una qualche gioia
di vivere, il sogno, la magia, il delirio, la filosofia, è semmai loro parte
integrante. Succede alle società tribali all’ora delle nazioni. Tanto
più quando si erigono a difesa della tradizione, mentre solo coltivano
l’esclusione, dell’infedele come di ogni altra tribù. Con cattiveria, con
ferocia anche, il confine ravvicinato rende l’insicurezza permanente.
astolfo@antiit.eu
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