giovedì 27 settembre 2018

Il mondo com'è (354)

astolfo


Bisanzio 2 - Brodskij ha un preconcetto contro l’Est, dopo averci vissuto: “Il delirio e l’orrore dell’Est. La catastrofe polverulenta dell’Asia.  Verde soltanto sulla bandiera del Profeta. Qui nulla cresce tranne i baffi. Contrassegni salienti di questa parte del mondo:  occhi neri, barba dilagante, già ricresciuta prima di cena”….
“Se il terreno bizantino si dimostrò così favorevole all’Islam fu molto probabilmente per la sua composizione etnica – un miscuglio di razze e nazionalità al quale mancava ogni ricordo, locale o generale,l di una qualsiasi tradizione coerente di indi dualismo”. Brodskij assicura: “Non mi opiacicono le generalizzazioni”. Ma non si priva di dire che “l’Est significa prima di tutto, una tradizione di obbedienza, di gerarchia, di profitto, di commercio, di adattabilità; una tradizione, cioè, rigorosamente estranea ai principi di un assoluto etico”. Di più: Un fatto è certo: a qualunque estremo possa arrivare la nostra idealizzazione dell’Oriente , non riusciremo mai ad attribuirgli la minima parvenza di democrazia”.
Tutto questo “prima dell’arrivo dei Tuirchi”: “Così non c’è molto da stupire se la Chiesa di Roma storceva il naso al’odore di Bisanzio”. Era anche naturale: “Era naturale che si tenesse alla larga da Bisanzio., sia per le ragioni sopra dette sia perché Bisanzio – questa nuova Roma – aveva del tutto abbandonato la Roma propriamente detta. Se si eccettuano gli effimeri sforzi di Giustiniano per restaurare l’unità imperiale, Roma fu lasciata alle proprie risorse e al proprio destino, ossia ai visigoti, ai vandali e a chiunque altro”.
Gli imperatori dopo Giustiniano saranno orientali, “dai serbatoi in cui l’impero reclutava per tradizione i propri soldati: Siria, Armenia e così via”. Si chiamano romani ma non conoscono il latino: “Molti di loro, come la maggioranza dei sudditi, non conoscevano una parola di latino e non avevano mai messo piede nella città che già allora era parecchio Eterna. Eppure si consideravano tutti romani, si chiamavano romani e si firmavano in quanto tali” – allo stesso modo, aggiunge Brodskij dei dominions dell’impero britannico (con la differenza, va osservato, che questi parlano l’inglese, e anche molto bene, se scrivono in inglese e poetano). “Roma fu abbandonata a se stessa, come al Chiesa romana”.
Da qui un’evoluzione radicalmente diversa: “Il combinarsi dl diritto romano, che a Roma era preso molto più sul serio che a Bisanzio, con la logica specifica dello sviluppo interno della Chiesa romana, diede luogo gradualmente al sistema etico-politico che sta al centro della cosiddetta concezione occidentale dello Stato e dell’individuo”. Tracciando attorno a sé – in forma difensiva , va aggiunto – “una sorta di cerchio, un cerchio che l’Est, in un senso puramente concettuale, non varcò mai”. Con un handicap, che la Chiesa si costituì da se stessa, “limitando la nozione del male”. Limitandola all’“esperienza riflessa nel diritto romano, con l’aggiunta della conoscenza di prima mano derivante dalle persecuzioni dei cristiani”. Che è molto, ma non è tutto: “Col divorzio da Bisanzio il Cristianesimo occidentale condannò l’Est alla non-esistenza,  e così limitò in misura notevole, forse perfino in misura pericolosa, la propria nozione del potenziale negativo umano”. Fino a Stalin e al Grande Terrore – sulla base della massima staliniana “da noi nessuno è insostituibile”.
Poi arrivarono i Turchi. Che restarono attendati per tre secoli attorno a Costantinopoli. Inventandosi anche loro un simbolo comune, analogo alla croce dentro le mura. E nell’undicesimo secolo “spuntò, come sappiamo, la mezzaluna”. Infine, “la tenacia fu compensata, e nel quindicesimo secolo la croce cedette le sue cupole alla mezzaluna”. Un cambiamento d’insegne ma non radicale: “Il significato della storia sta nell’essenza delle strutture, non già nel carattere del décor”.
“Nella Bisanzio cristiana la differenza tra potere spirituale e potere secolare non era eccessivamente palese… Qualcosa di molto simile accadde anche con la Sublime Porta, vale a dire l’impero ottomano, alias la Bisanzio musulmana. Ancora una volta siamo di fronte a un’autocrazia, fortemente militarizzata e un tantino più dispotica… Tutto lo Stato era retto da un sistema gerarchico molto complesso in cui predominava l’elemento religioso”. A Bisanzio “la gente si convertiva al Cristianesimo nel quinto secolo con la stessa facilità con cui passò all’Islam nel quindicesimo (anche se i turchi, dopo la caduta di Costantinopoli, si astennero da qualsiasi persecuzione contro i cristiani)”.
(2. fine)

Walter Pohl, storico austriaco esperto delle invasioni, conferma indirettamente a Amedeo Feniello, su “La Lettura” di domenica la tesi di Brodskij: “Gli Ostrogoti di Teodorico vengono utilizzati dall’imperatore di Costantinopoli per sostituire Odoacre in Italia. L’invasione più violenta e distruttiva del VI secolo, paradossalmente, fu quella dei Romani dell’Impero d’Oriente nel corso della guerra greco-gotica, che inflisse danni gravissimi all’Italia”.

Etiopia – Un contrafforte mediterraneo, cristiano, al centro dell’Africa, in una fase di decadenza. È la sintesi di Giorgio Manganelli che vistò l’Etiopia nel 1970, nel quadro di un progetto italiano per una Strada Panafricana.  Che “vive insieme una fase burocratica e una vita tribale disarticolata”. Per cui “gli sforzi volontaristici di una elite ereditaria non possono sottrarla alla sua inveterata staticità”.E ciò perché “vive una condizione che si potrebbe chiamare di storia degradata”: “Collocata ai confini bantù, che la penetrano lungo le frontiere meridionali e occidentali, l’Europa sottolinea la sua qualità settentrionale, e ha come punto di riferimento culturale il Mediterraneo”. Ma questo è la sua debolezza: “Culturalmente isolata, l’Etiopia si è proposta come una fortezza, un luogo innaturalmente discontinuo, un paese psicologicamente difensivo, afflitto dalla miseria e dal vanto delle origini”.

Tribù – Persiste anche in Europa, e non per il ritorno del leghismo, di fronte all’immigrazione di massa. Ne è il tratto caratteristico, e vi si è di fatto nobilitata, per il sacro senso della patria e dei confini con le guerre più sanguinose del mondo. Ma anche per una caratterizzazione innegabile. Bologna si governava bene col papa, o Siena, e Ancona, che rivaleggiava con Amsterdam, pure in libertà. Mentre gli americani sono democratici come gli inglesi, gelosamente uguali fra loro, spietati fuori - ai giapponesi hanno spianato pure il cervello.
Di più la persistenza si nota nell’islam. L’islam in Arabia Saudita per esempio, che è il suo Luogo Santo per eccellenza, dà forte il senso di essere imploso, chiuso, irrancidito. Altrove è garbato, talvolta lezioso, sempre modesto – è difficile litigare con un mussulmano. In Arabia Saudita, dove è l’unica ragione di vita, almeno prima del petrolio, sembra acuirsi una sua intima schizofrenia. Che viene detta complesso d’inferiorità, con tutta l’acredine che questo comporta, nei confronti dell’Occidente dominatore, ritenuto solo più fortunato, ma la cui natura sembra diversa: è il rifiuto del mondo e insieme il desiderio di cavalcarlo, più accentuati entrambi che nel cristianesimo. L’Occidente, da cui hanno ripreso tutto quello che avevano perduto, la poesia e una qualche gioia di vivere, il sogno, la magia, il delirio, la filosofia, è semmai loro parte integrante. Succede alle società tribali all’ora delle nazioni. Tanto più quando si erigono a difesa della tradizione, mentre solo coltivano l’esclusione, dell’infedele come di ogni altra tribù. Con cattiveria, con ferocia anche, il confine ravvicinato rende l’insicurezza permanente.

astolfo@antiit.eu

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