Si criticava la partitocrazia
all’universita Cesare Alfieri di Firenze nei primi anni 1960, su input del
presidente socialista (socialdemocratico) Saragat. Scalfari pubblicava il suo
primo “Autunno della Repubblica” nel 1969. Da tempo promotore, attraverso
“L’Espresso” da lui fondato, del governo dei tecnici o dei saggi, contro “Roma
ladrona”, suo brevetto. Che riproporrà con “la Repubblica” – candidando
insistentemente Visentini, che in privato chiamava “l’avvocato dei ricchi”. Il
populismo italiano ha radici altolocate e parte da lontano. Il colpo definitivo
in questo indirizzo lo darà la questione morale di Berlinguer negli anni 1980,
che aprì i cancelli della politica ai giudici.
Viene da sinistra, da lungo tempo, e ha
i toni incontestabili del governo dei migliori, il populismo italiano. Che è
becero nei tweet di Salvini, ma solo perché è la moda, il linguaggio di moda.
Il populismo è ben allineato e coperto con i grandi giornali e con le “ragioni
della sinistra” antipolitica. Anche nella supplenza dei giudici – che ora Salvini
paga perché ha tentato di mettersi fuori
del partito dell’antipolitica.
Si può anche dire che è questo il nodo
della sinistra in Italia, ora introvabile.
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