Ritrovamenti sparsi e poco significativi, come ovunque
nelle zone abitate, in clima temperato: grotte, cocci, ossa. Che induce a una
considerazione sull’esito dei terremoti. Il terremoto cancella il passato.
Molte vite umane, che però si riproducono – lo schema non vuole essere cinico:
la vita umana vince comunque. Mentre la pietra e ogni altro segno materiale
della storia vengono cancellati per sempre. Il passato delle patrie sismiche è
quindi fatto unicamente di continuità personale - di individui, di popoli - e
quindi delle culture di cui essa è, sa essere, portatrice. Per il grado di
consapevolezza e culto della continuità che essi abbia.
Si spiegano così le tracce umane in questa stessa zona
non archeologica del mondo ellenico e bizantino, perfino pesanti, nella
corporeità, nel gesto, nella stilistica della comunicazione (gestualità,
silenzi, anacoluti, ironia), oltre che nell’onomastica e la toponomastica, di
larghe regioni della stessa Calabria. Ma fuori contesto, storico e inevitabilmente
anche culturale. Come residuo. La cultura persiste, nella mentalità, i
linguaggi dietro la lingua, e ancora nel fisico, esito del dna, i vezzi, i vizi.
Ma non conscia – riproducibile, creativa. E non documentata, non documentabile,
cioè senza continuità storica.
Diligente, e probabilmente accurate. Un repertorio dei
ritrovamenti – scarsi – dilegente e probabilmente accurate. Anche se il titolo
reca come sottotitolo “Il Medievo”. Che è un’imprecisione, non si fa
archeologia nel Medievo – ma Nucera è poi entrata all’università come
medievista. E più che dell’Aspromonte tratta del lato jonico del massiccio, e
più in particolare della bovesia, la piccolo zona grecanica.
Erminia Nucera, Archeologia
in Aspromonte, Città del Sole, p. 184, ill. € 12
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