Ph. Roth prova l’amore con
una lesbica. Completo di triolismo. Con corredo di abusi paterni sulla
figlioletta – l’amore con la lesbica ne è un’estensione, una sorta
di figlioccia, vista nascere e allattare, figlia di amici di gioventù.
Un racconto in tre atti. “L’umiliazione”
non rende bene il titolo originale, “The Humbling”, che è più attivo che
passivo, un farsi piccolo. Di un attore famoso e bello colpito dal trac. Abbandonato
dalla moglie e tentato dal suicidio, si ricovera in clinica psichiatrica, dove
è troppo scaltro per le terapie. L’amore della lesbica segue. Ma non cambia il
finale.
Ph. Roth completa il suo
racconto pornosoft delle forme contemporanee dell’erotismo, la sua cifra
d’autore. Più esplicito del tentativo di Moravia qualche decennio prima, ma
meno consistente: procede come un cronista giallo-rosa. Personaggi e situazioni
evaporano come quelli del Prospero di Shakespeare che l’attore col trac evoca,
che “si sciolgono in aria, in aria sottile”.
Nella “rothiana” questo
“Umiliazione” assume anche un configurazione malinconica. È l’ultimo, o il
penultimo, dei suoi racconti, prima della scelta del silenzio.
Philip Roth, L’umiliazione, Einaudi, Libraccio, p.
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