lunedì 3 settembre 2018

La solitudine non è bella

Una storia in due episodi di solitudine, imposta. Dalla guerra, a interrompere un’amicizia intensa come un’immedesimazione. Semplice, “tirata via” come si vuole di Scerbanenco, scrittore veloce. Ma calibrata sull’esperienza dello stesso autore, profugo in Svizzera dopo l’8 settembre. Della quinta o sesta specie di profughi. “Quando il nemico invase la Paria”, spiega Scerbanenco in apertura, “alcuni continuarono come prima… Altri invece, forse perché avevano più orrore del nemico, si nascosero…  Altri combatterono, altri cospirarono per la liberazione. Altri cercarono di raggiungere un paese neutrale. Qui vennero messi in campo di concentramento”. O affidati alla buona volontà dei cittadini: “Molti di essi vennero un giorno tolti dai campi e ospitati da pietosi amici”.
Scerbanenco, pubblicandola a caldo nel luglio 1945, spiega il bisogno di scriverne con l’utilità: “Un romanzo può anche essere utile. All’autore è servito durante il suo gramo esilio”. Storie venate da amori impossibili, come se un malefizio vigilasse invidioso contro l’intelligenza, la passione, la dedizione. Nelle quali Scerbanenco è al meglio, con Mutti nella prima storia, con Mita nella seconda, tratteggiate con lievità ma ben delineate – Mira “era una donna, ma era anche un’amica, anzi un amico”.
Un “romanzo” sommesso, sui toni dell’elegia. Di piccole vicende, di minuti affetti, le ospiti, sorelle nubili, il cane, l’isolamento, le malattie, l’amorosa famiglia. Seppure con l’onomastica falsata che Scerbanenco predilige, che un po’ falsa le sue storie – una sorta di brechtiana estraniazione. L’esito è quello che l’editore ci legge: “Una sinfonia patetica discretamente travolgente”. Sul presupposto vigorosamente chiaro all’autore: nessuna solitudine è bella.
È l’altro tema dell’avvertenza con cui concludeva il romanzo subito alla fine della guerra: “Nessuna forma di solitudine è bella, e tanto meno buona. La solitudine obbligata, come quella dei protagonisti della vicenda, è dolore. Quella volontaria è egoismo, disamore, perfino superbia, anche la beata solitudo. La misantropia è immorale, su di essa germogliano le guerre”

Giorgio Scerbanenco, Non rimanere soli, il melangolo, remainders, pp. 298 € 7,62  


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