Turchia, Siria, Iran, Cina, playmaker di mezza Asia è diventata la
Russia. La Turchia di Edogan ci trova l’unica sponda. Col beneficio di un quasi
protettorato sulla regione siriana di Idlib. La Siria non può farne a meno,
tanto più se, come sembra, resterà in mano a Assad. Dell’Iran degli ayatollah
la Russia è rimasta l’unico grande sponsor internazionale. Con la Cina la
cogestione obbligata della nuova Via della seta, per la parte terrestre, si
arricchisce di investimenti e interventi finanziari – niente al paragone con
gli interessi cinesi in Occidente, ma è un inizio.
È anche per questo, probabilmente, per
l’interscambio con la parte non occidentale del mondo, che la Russia, che
dovrebbe essere in ginocchio dopo un quinquennio di sanzioni, sopravvive e anzi
prospera.
Non c’è la Russia invece nelle aree
problematiche, Afghanistan e Iraq. Un tentativo di intromettersi in Libia e nel
conflitto arabo-israeliano prendendo contatti con l’Arabia Saudita è stato
presto abbandonato - la liquidazione dei Palestinesi da parte degli Usa spalancherà
un’altra prateria?
Putin va sul sicuro. In aree di
influenza occidentale che l’Occidente trascura. Gli Stati Uniti per conto
dell’Occidente, l’Europa non conta. Nessuna inziativa in Medio Oriente né in
Asia, se non antagonista. Singolarmente aggrappati a una confrontation con la Russia sul tipo della guerra fredda, con spie
e controspie. Di cui è emblema il
Russiagate, un romanzo di Le Carré – che forse c’è stato ma non si prova, e
comunque sarebbe una risposta allo spionaggio elettronico americano rivelato da
Snowden, proprio come nei vecchi romanzi di spionaggio.
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