sabato 1 settembre 2018

Miseria della democrazia

Con un occhio alle elezioni Europee fra otto mesi e all’Europa, un atlante dei movimenti populisti, in Italia, Francia, Olanda, Inghilterra, Austria, Ungheria, Germania. E un tentativo di sistematizzazione di questa insorgenza politica che accomuna, si può dire, tutta l’Europa, se non tutto l’Occidente, Stati Uniti compresi. Un movimento, per questo, da non sottovalutare, acculandolo al fascismo e altre forme antidemocratiche condannate dalla storia.
Opera di uno specialista di Relazioni internazionali, introdotta da Ilvo Diamanti, la ricerca nasce a tesi: i populismi sono “catalizzatori del risentimento sociale”. Colpevoli di invidia, di risentimenti che si ritengono non fondati: contro l’Europa, contro le caste, contro la speculazione internazionale (la crisi), per un popolo indefinito. Non convincente: il “popolo” non è bestia, né i populisti hanno manganellatori, finanziatori occulti, media al loro servizio. Oppure sì, la tesi è convincente, ma in un altro senso: catalizzano le delusioni sociali, le inadempienze politiche, che sono state e sono cocenti, perlomeno in Italia. Cos’è “l’uso strumentale della crisi economica”? Dopo dieci anni di tagli e tasse, senza esito, non che si veda? L’Italia unico paese ancora in crisi? L’Unione Europea va certamente riformata: le politiche fiscali, la stessa moneta, le banche, l’immigrazione, la politica estera, a cominciare dalla Libia. E la neutralità delle politiche europee nei confronti dei soci, senza favoritismi e senza furbizie. Per non dire delle sempre trascurate lobbies, che di fatto sono Bruxelles,  fanno    Bruxelles, qualsiasi cronista lo sa.
Non siamo in presenza di Masanielli casualmente in giro per l’Europa. Non in Italia (in ogni paese l’insorgenza ha radici diverse). Dove, detto in breve, Salvini è il portato del “ceto produttivo”, come usava dire, della Lombardia, il Veneto, mezza Emilia-Romagna, mezza Toscana, e quote larghe in Piemonte e Liguria. Il serbatoio dei voti grillini è per almeno la metà Pci-Pds-Ds-Pd, a Roma sicuramente, ma anche al Sud, e a Torino per esempio. Questi movimenti, in Italia già al governo, sono un cambiamento totale di classe politica, con poca o nessuna esperienza. Sono un rischio. Ma non sono nemmeno “Le rane” di Aristofane. L’Europa è del resto in crisi dopo un quarto di secolo di governo democristiano, non più avveduto, anzi senza vedute – micragnoso, nascostamente mercantilista (nazionalista germanico) – che si è fatto fare la Brexit, ha semidistrutto la Grecia, e un po’ anche l’Italia, perfino cinico, impietoso, avendo lasciato morire migliaia di africani nel Mediterraneo.
Anche il problema centrale è discutibile: sono movimenti antidemocratici? Ovunque operano in quadri istituzionali e costituzionali di democrazia. Mentre non è democratico un sistema dell’informazione ad excludendum – un “sistema” dell’informazione? E dove sono le,opposizioni al populismo là dove governa, come in Italia, di idee se non di schieramento? I populismi non saranno, ognuno a suo modo, l’esito della miseria democratica europea? In Italia sicuramente dell’inconsistenza dell’offerta politica.
FabioTurato, Capipopolo. Leader e leadership del populismo europeo, Castelvecchi, pp. 201, ill. € 17,50

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