“La vita, le opera, i luoghi”
di Pavese. In una raccolta di immagini, cui il testo di Vaccaneo funge da
sobria didascalia. Con una buona bibliografia, e un omaggio ai luoghi di “La
luna e i falò”, al binomio ormai indissolubile Pavese-Langhe, allora
semiabbandonate, remote.
Le origini, le Langhe, sono
il tema di questa biografia per immagini. Con il lavoro, assiduo, totalizzante. Col culto della donna, ossessione caratteristica degli anti-femministi. Di un solitario
non asociale, anzi applicato agli amici e ai congiunti, corrispondente
tempestivo, affettuoso. Di un uomo anche svagato, ironico per lo più, e
autoironico, che arriva al suicidio non si sa perché.
Con alcune curiosità. Pavese
cominciò a tradurre, avendo imparato l’inglese da autodidatta, con i primissimi
numeri di “Topolino”, che si pubblicavano a Torino. Al liceo fu allievo
prediletto del professore di Italiano e Latino Augusto Monti, in una nidiata
di liceali poi di gran nome, ma alla seconda liceo fu rimandato in latino.
Scrisse e operò molto a Roma, che lo onorò con premi e deferenze – vi dirigeva
la Einaudi. Ma insofferente all’ambiente letterario: Moravia e Pasolini, e
Barzini, non furono teneri in morte.
Moltissimi gli autografi,
benché illeggibili, ma molte e nuove anche le foto. Tra quelle documentarie un
paio lo ritraggono a Brancaleone, sorprendentemente circondato da molta bella
gioventù, felicemente in posa, le foto all’epoca non si rubavano, benché fosse
un confinato politico.
Franco Vaccaneo, Cesare Pavese, Gribaudo, remainders,
pp. 175, ill. € 6,4
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