Da… fino a – L’Atac
minaccia per chi aggredisce i suoi autisti “pene fino alla condanna e alla
reclusione” – un “fino a” che l’Atac rende in inglese con even, “perfino”. L’allarme è più dissuasivo se la pena non è più
certa?
È
l’epoca. Tra i lessemi commerciali è scomparso il prezzo. Che per estensione si
può intendere della legge, le cui pene non sono più certe, come da codice. Non
c’è più una cifra nei contratti e negli acquisti ma un’ipotesi. Che sia
numerata non ne cambia la natura, di prezzo ipotetico. Ogni abbonamento è
incerto, ai telefoni e non solo, nell’estensione, la scadenza, il canone
tariffario, ogni tariffa lo è, e ogni canone. Le pene non sono più stabilite,
sono “fino a”. È un linguaggio che si vuole rassicurante ma è minaccioso.
Ellittico, come di marionetta dietro cui solo il puparo conosce svolgimento e
senso. Sa tutto chi sta dietro. Una forma dell’incertezza che conclude al
complottismo – la sicurezza del complotto.
Donna
-
La donna è e non sarebbe concepibile. Nella fisica e nella metafisica. Le sue
forme, la sua funzione, le fantasie che le sono cresciute addosso, nessun genio
umano potrebbe inventarle.
La procreazione stessa è inconcepibile
se non fosse. Più delle condizioni concluse, all’apparenza razionali,
dell’immortalità e la morte, poiché è entrambe, e quindi è più di ognuna di
esse.
Ma è l’immaginazione che apre la via
alla ragione, non bisogna temere l’ignoto. Si potrà nascere senza donne, è
fatale, come già senza l’uomo.
Memoria
–
È disordinata, eclettica, rapsodica. Anche quando si vuole ordinata, regolata –
semmai allora abusiva, impositiva. È malleabile, si sa, anche nel ricordo
involontario. Anche quando si storicizza, malgrado i tanti paletti del metodo
storiografico.
Iosif Brodkij, “Una stanza e mezzo” (in
“Fuga da Bisanzio”) l’accosta per questo all’arte: “Ciò che la memoria ha in
comune con l’arte è il dono della scelta, il gusto del particolare”. O anche
alal biblioteca-invenzione di Borges, ma in senso deteriore: “La memoria
somiglia essenzialmente a una biblioteca in disordine alfabetico, e in cui non
esiste l’opera omnia di nessuno”.
È interdittiva, può esserlo, più che
liberatoria. La memoria di Proust lo ha liberato. Almeno si suppone: era quello
che ha voluto fare, e lo ha esaltato. Ma è una prigione. “Memoria lunga, vita
corta”. Dice il proverbio.
È occasionale, per quanto artefatta. E
se artefatta limitata, limitativa. Si indulge ai romanzi del’infanzia e la
giovinezza, che se si scrivono evidentemente sono in domanda, hanno lettori,
perché l’infanzia si vuole età “felice”, a meno di traumi, essendo afasica. E
qui la memoria si vuole traditrice – delatrice, opportunista. Si fa l’infanzia
età felice, di solito, per il gioco che è ne è prerogativa espressiva. E la non
memorizzazione, l’assenza di un meccanismo regolatorio, afflittivo, se on nei
limiti della ripetizione, mentre è l’età della schiavitù – della dipendenza
totale, che può essere felice (risolta, remissiva).
No
–
È più facile del sì. Sospende e allinea, non scompiglia, e non impegna. Per
questo è la trincea della burocrazia, che di fatto è una bura-no. Iosif
Brodskij ne fa in “Una stanza e mezzo” (“Fuga d a Bisanzio”), il perno del
sistema sovietico: la conformità di ogni decisione, dall’alto al basso e
bassissimo con al volontà del sistema, la quale, essendo per natura arcana,
viene onorata con lo stallo, col diniego. Probabilmente per la tensione al
minimo sforzo, alla riduzione dell’efficienza\produttività al minimo vitale –
per Brodskij perché “è sempre più facile dare una struttura alla disumanità”.
Paternità
-
Molte creature senza padre vivono, esseri che le madri non hanno concepito per
amore, non del padre. E già le donne figliano senza fertilizzarsi, nel grembo
altrui – è l’utopia, la riproduzione senza la produzione. Analogo artificio si
troverà per gli uomini, un utero artificiale. Casanova lo presagì, che diceva:
“Una delle prove dell’ateismo è che, se Dio ci fosse stato, non avrebbe creato
la donna”.
Religione – “Tutte le
religioni sono una” è una serie di incisioni di William Blake, 1788, ma sono
anche un testo vero per ciò che dice. Anche se non è quello che Blake intendeva.
Per Blake solo il Genio Poetico è una religione – l’immaginazione. La religione
teologica diceva invece Mentre il contrario è più vero: l’immaginazione è
individuale e divisiva, la religione invece unisce: la credenza religiosa, la
fede, è una.
Rivoluzione
-
Non una è riuscita. E se dura svanisce: le
rivoluzioni finiscono nell’ordine - l’ordine, come la morte, riemerge.
Concettualmente,
invece, le rivoluzioni vanno come le nascite, che sono numerose e varie.
Spazio
–
“Se c’è nello spazio un aspetto infinito esso non sta nell’estensione, bensì nella
riduzione. Se non altro perché la riduzione dello spazio, stranamente, ha una
maggiore coerenza. È meglio organizzata e assume più nomi: una cella, un cesso,
una tomba. Le vaste distese sono capaci soltanto di accennare un gran gesto” –
Iosif Brodskij “In una stanza e mezzo” (In “Fuga da Bisanzio”, p. 193).
Teatro
–
È poco teatrale, rispetto al cinema, e quasi intimista. La morte per esempio evoca nella forma
prevalente del suicidio - Philip Roth ha in “L’umiliazione” ha un elenco di una
pagina di suicidi in drammi celebri, dall’“Antigone” e l’“Edipo Re”. Che invece
non è tema filmico: il suicidio al cinema non viene bene - il cinema coltiva
l’assassinio, lo ha imposto, poi anche alla tv.
Il cinema è più teatrale, il teatro più
intimista. Il cinema è estroverso, violento, il teatro malgrado tutto
introspettivo – anche Macbeth, o Re Lear (gli “elisabettiani” che lo facevano
grondare di sangue in scena sono stati
un tentativo fallito).
zeulig@antiit.eu
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