mercoledì 17 ottobre 2018

Abbasso il Tango e Parsifal!

L’ingiunzione è di Marinetti, il futuro Grand’Uff. e Accademico d’Italia con lo spadino, quando era ancora futurista e rivoluzionario, antitedesco già a gennaio del 1914, prima della mobilitazione bellica. Il convegno romano “Wagner in Italia 1914-1945” s’intitola a Marinetti per segnalare come la ricezione di Wagner sia sempre stata politica in Italia, prima che musicale. A partire dagli anni 1870, tra wagneriani, pochi, e anti – anche tra i filotedeschi, numerosi nell’Italia umbertina.
Oreste Bossini, il critico musicale del “Manifesto”, fa della stentata ricezione di Wagner il segno di due debolezze: di un nazionalismo tedesco invasivo, “desideroso di farsi amare”, sopratutto in Italia, e “dell’irrisolta questione di una identità culturale italiana”. Ma il vero scoglio è probabilmente quello che la direttrice dell’Istituto organizzatore, Roberta Ascarelli, menziona nel saluto: il convegno si tiene il giorno dopo la commemorazione della retata tedesca degli ebrei del ghetto a Roma, e di Wagner ritorna imperiosa l’immagine dell’ipernazionalista, nonché antisemita. Ora, anche l’Italia vuole bene alla Germania, ma a ogni piega deve contestarne il nordismo.  
Un’altra notazione di Bossini è più pertinente: Wagner resta fuori della miglior cultura italiana che si forma in Germania, da Pirandello a Croce e Gentile. Solo D’Annunzio ne scrive e ne parla, e con cognizione. Per l’ideale di Gesamtkunstwerk che condivideva col compositore, dell’opera d’arte totale, vita e arte insieme – ma senza gli entusiasmi francesi, va aggiunto, o di tanti musicologi ebrei, in Germania e fuori.
Allargando il fuoco ai legami culturali tra Italia e Germania, il convegno ha ricordato Max Koch, grande critico culturale tedesco tra Otto e Novecento che la lasciato la sua biblioteca, ventimila volumi, all’Istiuto romano, autore di una biografia wagneriana in tre tomi. Domani il convegno entrerà in tema, esaminando il Wagner di Errante, Manacorda, Gabetti e Mila – nonché di Adorno e Thomas Mann. Ma il Wagner politico aleggia. Hans Rudolph Vaget, il germanista ceco emigrato negli Usa, studioso di Goethe, Wagner e Thomas Mann, trova un peccato grave il patrocinio offerto a un Hitler in disgrazia, nel 1923, dagli eredi di Wagner che gestivano Bayreuth: “l’alleanza con Bayreuth” tolse Hitler dall’isolamento, e identificò Wagner col nazismo. Un passo importante anche per la degenerazione del nazismo, aggiunge lo studioso, che intitola il suo saggio, meditato, “Come Hitler divenne «Hitler»: il fattore Wagner”.
Abbasso il Tango e Parsifal!, Istituto Italiano di Studi Germanici, Roma villa Sciarra 17-18 ottobre

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