“Ordeal by
innocence”, uno dei suoi ultimi libri, tradotto come “Le due verità”, Agatha
Christie diceva il suo preferito. Una vendetta tardiva del vecchio tradimento
coniugale di cui era sata vittima? Ma anche per meriti suoi, del racconto, che è,
benché senza il Risolutore, né Poirot né
Miss Marple, il più “christiano”: dialogato, deduttivo, induttivo, logico. Anche
se duro, quasi noir, e non divagante e
divetito, da gioco intellettuale. Così era nella prima e più famosa trasposizione, “Prova d’innocenza”,
di Desmond Davis, 1985, con molti attori famosi, Faye Dunaway, Donald Sutherland,
Christopher Plummer. In questa edizione Bbc A. Christie è pretesto a immagini ansiogene,
la suspense si cerca con le luci e il
montaggio, invece che con i dialoghi. I famosi dialoghi ci sono ma non hanno mordente.
I continui rovesciamenti di verità – il procedimento “christiano” - vengono annacquati,
passano inavvertiti. Le caratterizzazioni sono vaghe, benché il film ricavato
dalla miniserie duri tre ore, e il finale non c’è, catartico, come è necessario
nei gialli.
Il tema è ora
corrente, dei parenti serpenti – ma già all’epoca non nuovo, Mauriac l’aveva
inaugurato con “Nido di vipere” venti anni prima. Una coppia di nobilastri
ricchi, lui suadente, persuasivo, lei materna benché aggressiva, che non avendo
figli ne adottano sei. Quando lei muore assassinata, la colpa se ne fa
risalire al più piccolo dei “fratelli”. Che muore in prigione. Questa seconda
fine risveglia la memoria di un dottore, che ricorda di avere dato un passaggio
al giovane, bisognoso di cure in ospedale, la notte dell’assassinio, la vigilia
di Natale.
Sandra Goldbacher, Le due verità
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