giovedì 18 ottobre 2018

Al galoppo verso la nuova crisi

Nessuna lezione dalla crisi bancaria di dieci anni fa: le banche ombra sono cresciute, invece di essere regolate, la concentrazione bancaria è cresciuta invece che diluita, il debito volatile si è ingigantito e non prosciugato. Il bilancio dopo dieci anni va fato su questi tre criteri, non conta l’entusiasmo per la crisi superata.
La finanza è oggi molto più piena di mine che nel 2007. Lo hanno ricordato un mese fa, il 7 settembre, sul “New York Times” Bernanke, Paulson e Geithner, il presidente della Federal Rerserve all’epoca e i due ministri del Tesoro, di Bush jr. e di Obama, che dovettero risolvere la crisi. Lamentando che i rischi sono accresciuti, e che il Congresso ha sterilizzato alcuni degli strumenti che allora consentirono di bloccarla. Si sono rafforzati i coefficienti patrimoniali obbligatori per le banche. Ma non se ne è limitata la concentrazione: le cinque maggiori banche Usa controllano oggi il 47 per cento degli asset, contro il 44 per cento del 2007. E si è allargato, quasi duplicato, il sistema bancario “ombra”, di banche cioè che fanno credito senza disporre di depositi – un mercato che si valuta in 45 mila miliardi di dollari, contro i 28 mila del 2010. Ma “ombra” è termine ambiguo, il mercato è condizionato da un sistema finanziario parallelo, non sommerso: l’1 per cento dei fondi d’investimento Usa controlla il 45 per cento degli asset.
Nessuna lezione in nessun luogo sembra del resto essere stata presa dalla crisi del 2007. Il debito nominale mondiale si valuta cresciuto a fine 2017 del 45 per cento rispetto a dieci anni prima. Per 250 trilioni di dollari. Pari al 315 per cento del prodotto lordo mondiale – in crescita di 35 punti percentuali rispetto al 2017.

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