Il cristianesimo non si afferma
con l’amore e lo spirito di comunità ma con la paura – la delazione, la
persecuzione. Agitando il diavolo. Esso stesso diabolico.
Una controstoria del
cristianesimo. Non nuova, ma centrata sul fondamentalismo, dei cristiani dal
IV al VI secolo, distruttori di templi, biblioteche, statue, i talebani e il
califfato dell’epoca, la stessa violenza e la stessa voglia di martirio. Sempre
nel nome del Dio unico. Una polemica anch’essa non nuova, ma fissata su questo
Dio, pur in quest’epoca di agnosticismo o fede ateista. Partendo da Celso, quello
che fa di Gesù il figlio di un Pantera, soldato romano, e le Scritture “pura
spazzatura”. Un rigurgito di Ottocento, dell’anticlericalismo peggiore.
“La
distruzione cristiana del mondo classico” è il tema. Non una novità, se non nel
senso che la distruzione vuole totale, al modo delle Guardie Rosse di Mao o dei
fondamentalisti islamici. E i primi cristiani, giudeo-cristiani, dice bugiardi
(s’inventarono i martiri), crudeli (Costantino bollì sua moglie nel bagno),
ignoranti, dogmatici. Un libro di giornalista, quale l’editore onesto la presenta,
storica dilettante, benché produca una bibliografia sterminata, che si basa sul’autorità
di “accademici” oscuri, preti anglicani per lo più. La prosa “serrata e
incalzante” dell’editore appesantendo di ripetizioni, o estenuazioni dell’aneddoto.
L’assassinio di Ipazia, la distruzione del Partenone, un san Scenuto in quantià
(è un santo copto), la distruzione della Biblioteca e del Museo di Alessandria,
attribuita chissà perché ai cristiani.
Con punte assurde di anticlericalismo Ottocento.
Sant’Antonio eremita, il fondatore del monachesimo, confina a vent’anni in un porcile
- anche se, spiega, non era un porcile: “Chitty (1966) lo chiama un porcile, ma
questo può non essere del tutto accurato: il Greco riferisce di lui che si
sposta «appena fuori casa» – presumibilmente in qualche specie di struttura
semplice lì accanto. Tuttavia l’idea di un porcile dà bene l’idea di semplicità
– anche squallore – che sarebbe senza dubbio stata appropriata”. Questo alla
prima pagina. Il Greco non si sa chi sia, probabilmente la vita in greco
dell’eremita. Derwas Chitty era un prete anglicano, coetaneo dei genitori di
Nixey, archeologo dilettante di ortodossia greca – un ammiratore di
sant’Antonio eremita.
Si va avanti così, fra strappi e botti. Costantino si fece
cristiano per farsi perdonare, avendo fatto bollire nel bagno sua moglie – rea
di incesto con suo figlio, col figlio di Costantino. “I martiri cristiani
furono «furono centinaia non migliaia», se condo lo studioso W.H.C.Frend” –
Frend è un altro prete anglicano archeologo dilettante. I procuratori romani
furono sempre giusti con loro – questo Nixey lo sa per scienza propria. Mentre
le persecuzioni dei pagani a opera dei cristiani furono totali e senza legge né
pietà. I copisti naturalmente hanno distrutto più che copiare - Nixey va
diretta anche a costo di dire sciocchezze: l’1 per cento delle letteratura
classiche ci è stato tramandato.
Il fatto c’è. La sovversione dell’impero romano, e del
politeismo, da parte del cristianesimo è straordinaria. Forse bizzarra – magica?
divina? – ma non si spiega con la
violenza. Nixey non si pone nemmeno il quesito, o la verosimiglianza, ha solo
dei conti da regolare, con la fede di mamma e papà, un ex monaco e una ex
monaca, “24 anni di convento in due”, e una infanzia a suo dire infelice, tra sacrestie e prime comunioni, dei conti cioè con se stessa. A un certo punto, nel 313, un imperatore,
Costantino, decide che con la croce ha più potere (ma non doveva farsi perdonare
la bollitura della moglie?) e la impone. Di che rimanere stupefatti, ma non di
Costantino. O degli abusi cristiani. “Pagano”, “paganesimo” sono un abuso, un
pretesto per colpire – come dire oggi “burino”.
Ma, poi, “la religione romana era moribonda già da molto tempo prima che
la croce apparisse in cielo”.
Molto si fa il caso di Costantino, che non perseguitò
nessuno, e niente di Teodosio, che è quello che ordinò la distruzione dei
templi, o la loro conversione in chiese. Mentre roghi di libri, purtroppo, se ne
facevano dal tempo di Augusto. E perché Costantino, così opportunista, avrebbe
scelto la croce a sua insegna di potere? I cristiani non erano soldati. Erano
moralisti, in fatto di sesso e di ricchezze. Erano lagnosi – lamentavano di
essere stati martirizzati in massa e non a decine. Non amavano le arti. Il
cristianesimo “è una storia di conversioni forzate e di persecuzioni
governative”.
Si fa molto caso dell’attualità. Di Palmira
– che però non fu distrutta da cristiani. E di Atene, il Partenone, l’Accademia.
L’arco di tempo della trattazione, 385-532, va da Palmira all’Accademia
ateniese, due riferimenti attualizzanti. Ma il racconto va avanti e indietro
per un millennio.È scritto come piace in Inghilterra, con piglio scandalistico.
Ma il pettegolezzo è noto.
Catherine Nixey, Nel
nome della croce, Bollati Boringhieri, pp.
348, ill., ril. € 24
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