domenica 28 ottobre 2018

Il mondo com'è (357)

astolfo


Classe operaia – È ben più forte oggi di quanto sia mai stata. Pur in assenza di comunismo – la Cina può ancora dirsi comunista? E malgrado la crisi del 2008, la più grave che si ricordi, anche più del crac del 1929. Il mensile “Lotta Comunista la censisce con orgoglio, ma bisogna anche aggiungere che è una classe operaia senza, o quasi, sindacalismo – ha i sindacati, in Italia per esempio in gran numero, ma poca combattività e poca adesione. 
Scomparso Marx, anche nella forma addomesticata del tradeunionismo, del sindacalismo, la classe operaia dunque si moltiplica. Sarà stato l’effetto maggiore della globalizzazione, avere portato a reddito grandi masse ovunque nel mondo: stando ai dati dell’Ilo, International Labour Organization, il numero dei lavoratori salariati è raddoppiato in venticinque anni, da uno a due miliardi. Non per caso. “A grandi passi verso il miliardo di salariati”, ricorda il mensile di avere scritto a luglio del 1994. Quindi, un anno dopo, “un miliardo di salariati per il nuovo secolo”. Dieci anni fa, a giugno del 2008, “un miliardo e mezzo di salariati” veniva censito. Al 2020 i salariati sono dati in due miliardi – 1.980 milioni.
Le metà della popolazione mondiale è dunque salariata – due miliardi sono la metà della popolazione mondiale in età attiva.
L’aumento è stato di 360 milioni nel primo decennio, e di 280 nel secondo: un rallentamento dovuto agli effetti della crisi del 2008. “Con un tasso di crescita medio anno nettamente superiore a quello della popolazione (e addirittura quasi doppio nel 2000-2010)”.
Crescono i salariati in rapporto a tutta la popolazione in attività. Nel 2000 era nella condizione di salariato poco più della metà degli occupati, oggi la quota è al 60 per cento. In Cina e in India l’aumento della quota dei salariati è stato più ampio: dal 45 al 64 per cento, e dal 38 al 53.
Crescono i salariati, contrariamente all’impressione diffusa, anche in Europa e negli Stati Uniti, sempre nei primi venti anni. Di 30 milioni in Europa, di 20 in Nord America, di 4 in Oceania.
Si  muove anche l’Africa, che con 140 milioni di salariati al 2020 approssima la metà dell’occupazione salariata in Europa. Ma più di tutti si proletarizza l’Asia. Cina e India da sole coprono quasi i due quinti del lavoro salariato nel mondo, il 38 per cento, avendo mosso passi giganteschi negli ultimi decenni, quelli della globalizzazione. La Cina ha 483 milioni di occupati, più 162 dal 2000, l’India 275, più 127. Cresce anche il resto dell’Asia, con 432 milioni, più 170 dal 2000.

Cola di Rienzi – Fu Cola di Rienzo (Cola de Rienzi nel suo proprio detto), l’ispiratore di Mussolini e  Hitler, prima che derivassero alla guerra e allo sterminio. Il protopopulista, “l’ultimo dei tribuni del popolo” a suo dire. Idolo di Mussolini per sua reiterata ammissione, da lettore ammirato del romanzo di Bulwer-Lytton. Di Hitler nella ricostruzione che il germanista ceco-americano Hans Rudolf Vaget ne ha fatto a metà mese all’Istituto Italiano di Studi germanici – “Come Hitler divenne «Hitler»”.
L’accostamento non è nuovo. Fu operato già nel 1942, nel primo approccio filosofico al fascismo, da Frank Neumann, “Behemot, struttura e pratica del nazionalsocialismo”. Neumann identificava il prototipo del moderno fascismo non in Cesare, come avrebbe voluto Mussolini, ma in Cola di Rienzo. E, più in dettaglio e estensivamente, il nazismo delineava come un regime che si direbbe populista. Neumann, per questo osteggiato dopo la guerra in Italia e anche in Germania, per quanto di formazione marxista, per questa sua analisi controcorrente, metteva in rilievo nel nazismo, al fondo del terrorismo e del razzismo, una componente popolare molto vivace, mediata peraltro con la terminologia para-marxista, molti simboli socialisti, e una divisione costante fra plutocrati e proletari.  
Il futuro Führer, ricorda Vaget, fu condizionato molto giovane dalla figura del tribuno romano, la cui vicenda scoprì andando all’opera, ad ascoltare il “Rienzi” di Wagner. Aveva quindici anni, e il piglio tribunizio del personaggio, oltre che la musica, lo affascinò. “Cominciò in quel momento”, dirà nel 1939 a Bayreuth, ospite dei Wagner, della sua avventura politica. Lo ricorda il suo amico della prima giovinezza, August Kubizek, “The young Hitler I knew”. I suoi comizi vorrà preceduti dall’ouverture del “Rienzi”.
Otto Wagener, un architetto diventato familiare e consulente economico di Hitler, nei racconti degli incontri con Hitler (“Memoirs of a Confident”, pubblicate postume nel 1985, p. 217) ha una profusa conversazione sul “Rienzi”, attorno al 1933. Di cui Hitler avrebbe detto, del tribuno romano: “Quello mi piace proprio”.Wagener ribatte – nella sua memoria sorpreso e scettico - che Rienzi fallisce l’impresa politica e muore nell’incendio del Campidoglio che il popolo ha appiccato. Al che ricorda che Hitler ribatte spiegando che l’opera di Wagner gli aveva comunque insegnato una lezione, importante: Rienzi fallisce perché ha trascurato di crearsi strumenti di potere, e non ha eliminato i suoi nemici, i membri delle grandi famiglie romane.

Vaget trova altri effetti dell’opera “romana” di Wagner su Hitler. Come Rienzi, che non volle sposarsi perché, diceva, aveva preso Roma come moglie, Hitler fece e disse lo stesso. Nel testamento politico Hitler maledice la Germania per non essere stata all’altezza della grandezza che lui voleva per lei, come Rienzi morente aveva maledetto la volubile e degenerata Roma. Entrambi scelgono di morire nella sede del potere.

Terza guerra mondiale – È tema di fantapolitica, narrazioni ipotetiche. Dürrenmatt, “La guerra invernale nel Tibet”, la lega all’assenza di statualità, più che a un eccesso – non a un paese che ne aggredisce uno o più altri, per un disegno di conquista o anche solo di difesa, lo schema bellico classico. Allo Stato legando molte proprietà del mondo fisico. Tra esse l’entropia. “Il moto di un singolo atomo è imprevedibile”, spiega lo scrittore tourné scienziato, “prevedibili sono invece le stelle, in quanto istituzioni di atomi”. Istituzioni che “di necessità deformano gli atomi”. Lo stesso con gli uomini: “Allo stesso modo le istituzioni degli uomini deformano gli uomini. Lo Stato è un’istituzione degli uomini”. Che però è in grado di deformare ma non di decidere. La terza guerra mondiale “non è dovuta alla mancanza di un governo in grado di impedirla”, ma al fatto che un governo non c’era.
È una guerra di distruzione naturalmente, in cui si perde la cognizione di Amico\Nemico, tutti essendo nemici, comunque da distruggere.

astolfo@antiit.eu

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