martedì 2 ottobre 2018

Il rovescio di Tabucchi

Si parte da vita e scrittura, d’obbligo all’epoca del selfie, per quanto poco romanzesco – è una “Conversazione sulla scrittura”. E, naturalmente, da Pessoa, di cui Tabucchi è l’impersonatore. Per fortuna non sdoppiato, o triplicato, come amava farsi Pessoa, e dal genio anglo-portoghese anzi non sommerso. Ma non altrettanto disimpegnato, anzi partecipe, da ultimo febbrile, in lotta col presente.
Poi vengono Rilke, “il future entra in noi”. Lo specchio, ma che sia taoista, “lo sguardo ritornato”. Per concludere, sempre all’inizio: “L’autobiografia come genere letterario del resto non mi interessa. La vita e la letteratura stanno su piani diversi: la vita si può solo vivere”. Detto dall’autore di “Autobiografie altrui”, un selfie critico a frammentazione di specchi.
Non sempre gli scrittori sono maestri. Di vita o di saggezza. Ma Tabucchi resta narratore, uno dei più creative del Novecento. E anche questo tema ingrate riesce in qualche modo a raccontare. Poi riracconta le sue opere.
“Dietro l’arazzo” viene da “Il gioco del rovescio”, i racconti del 1981. Che Tabucchi condensa così: “Un atto di coraggio e un atto di dimissioni”, a nemmeno quarant’anni, l’autore più apprezzato, “o già, comunque, di ‘ammissione’. L’atto di coraggio consisteva nel dire: guardate, ora mi insinuo dietro il tappeto. E poi l’ammissione: sapete, ci ho provato, ma in realtà meglio leggere la figura che si vede di fronte. Tanto il rovescio non si capisce”. Cose così.
Si sarebbe voluto di meglio, di meglio che una superba ipocrisia, ma bisogna contentarsi. Sul “gioco del rovescio” un’autocritica Tabucchi la accenna anche. A proposito del sospetto, che lo insidia: “La mia posizione rispetto anche alla situazione politica, di cui ogni tanto mi occupo, forse infastidisce molti perché è guidata dal sospetto. Dal sospetto di voler guardare il rovescio delle cose”.
È una conversazione degli ultimi mesi del 2004, proposta dieci anni dopo. Con Luca Cherici, conterraneo e ammiratore di Tabucchi, medico, sembra di capire, di professione. Ma è di fatto un’autointervista: il testo è riscritto da Tabucchi, da quello che  si vede nei facsimili della trascrizione qui allegati. L’intervista è arricchita da un ricordo personale di Paolo Di Paolo.
Antonio Tabucchi, Dietro l’arazzo, Giulio Perrone, pp. 77, ill., € 10

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