Come dire: l’America non ha cominciato a dominare il mondo
che è già una potenza finita, se non sconfitta. Mentre tutti gli indici - come
oggi usa dire in slang americano -
del potere sono forti e anzi si rafforzano. La produzione, mai stata così piena
e così in sviluppo, quella tradizionale e quella nuova e nuovissima, dell’Ict
e dell’intelligenza artificiale. La ricerca, scientifica e applicata. Lo
strapotere della finanza, in ogni angolo del mondo. La supremazia bellica,
naturalmente, in fatto di arsenali e di tecnologie.
Di caduta, fine, fallimento, scoppio inducono a
parlare forse i sensi di colpa puritani. Forse è un furbo (diplomatico)
essere-non essere: come un distanziarsi, per meglio prendere le misure del
mondo. L’impero americano appare retto come nelle guerre stellari. Da una
centrale remota: l’America è con noi, imperversa, nelle grandi e le piccole
questioni, ogni giorno, e ci determina, ma come da lontano. L’opinione pubblica
made in America è aloof, fa mondo a sé. I media
americani si parlano tra di loro, incontinenti, e quando trattano di qualcosa
non americano è come di un mondo strano che ha poche ragioni di esistere – la
Russia è la “Russia”, la Germania la “Germania”, che fa buone macchine, sì, ma,
e le organizzazioni internazionali che pretendono di dire qualcosa di non
americano? Anche la Cina, che pure è grande e potente, non conta. O la Corea
del Nord – Corea del Nord? con quel bimbo al governo, capriccioso?
Nessun commento:
Posta un commento