Il conto della crisi, provocata dalle banche americane, lo hanno
pagato le banche europee, e lo pagano. Da Deustche Bank in giù.
Che il conto sia stato più salato per le banche europee lo
spiega invece l’economista Hyng Song Shin, capo della Ricerca alla Banca dei
Regolamenti Internazionali, sulla “Frankfurter Allgemeine Zeitung” del 5
settembre. La crisi è stata “transatlantica”, calcola Shin, con le banche
europee protagoniste negative come quelle americane. Alla prima sommatoria, a
fine 2009, le banche americane mostravano perdite cumulative per 708 miliardi
di dollari, quelle europee per 520: “Le banche europee, integrate nel sistema
finanziario Usa, svolsero lo stesso ruolo delle banche Usa”, prendevano a
prestito dai fondi monetari americani e prestavano su ipoteche, per lo più false
o vuote (di terzo e quarto grado, su beni che non le valevano).
Questo, Shin non lo dice, avveniva in Deutsche Bank, Bnp-Paribas
e le grandi banche britanniche. Con una differenza, però: che furono i risparmiatori
e i contribuenti europei a pagare per le perdite europee in terra americana”.
Il conto è perdente per le banche europee anche in termini di
sviluppo del mercato. Un anno e mezzo fa, uno stadio Morgan Stanley, datato 22
marzo 2017, calcolava che tra fine 2006, alla viglia della crisi, e fine 2016
le cinque maggiori banche Usa avevano accresciuto del 6 per cento i ricavi
globali, mentre le cinque maggiori europee li avevano ridotti del 4 per cento: JP
Morgan Chase, Goldman Sachs, Bank of America Merrill Lynch, Citibank, Morgan
Stanley, contro Deutsche Bank, Ubs, Suisse,
Barclays, Hsbc, Bnp-Paribas.
Nessun commento:
Posta un commento