Non è semplice,
benché gli uffici del lavoro in Germania siano organizzatissimi. Molto rafforzati
dopo la liberalizzazione del mercato del lavoro nel 2006 – l’Italia, invece, dopo
il 1992, la liberalizzazione di fatto del 1992, li ha smobilitati, dopo il
Grande Licenziamento Collettivo che in due anni portò al taglio di un milione
700 mila posti di lavoro. L’ultima trovata legale – in Germania tutto deve
esere legale – è lo Spurwechesl, un
cambio di corsia. Di fare l’inverso di quello
che comunemente si richiede più opportuno: trasformare il profugo, il richiedente
asilo politico, in migrante economico, per poterlo occupare subito e con più
flessibilità. E anche più stabilmente – il profugo deve esere rimandato indietro
qualora le condizioni di rischio nel paese d’origine , guerra, guerra civile,
persecuzione religiosa, tribale, etc., venisse a cessare.
I respingimenti
tedeschi verso l’Italia, paese di prima accoglienza degli immigrati africani,
sono burocratici, perché la pratica di primo riconoscimento è stata fatta male,
e isolati. La nuova legge che si discute sull’immigrazione, proposta dal
ministro dell’Interno Seehofer, capo della Csu bavarese, che in Italia si
presenta come sodale di Salvini, si introduce così: “La mancanza di lavoro
qualificato è emersa come un rischio sostanziale per l’economia”.
Il problema
tedesco è di lavoro qualificato. Mentre l’immigrato è prevalentemente non
qualificato, se non altro per la lingua. Ma l’innesto di nuova forza lavoro
comunque avrebbe anche l’effetto di far
lievitare l’occupazione indigena, di migliorare mansioni (previa addestramento
sul lavoro) e reddito. I pariti al governo a Berlino e in Baviera hanno pagato e pagano elettoralmente la riduzione del livello di reddito reale dei lavoratori, non l’immigrazione - di questo si legge e si sente solo sui media italiani.
Nessun commento:
Posta un commento