sabato 27 ottobre 2018

La guerra è col mondo


C’è stata la terza guerra mondiale. E non c’è più niente.  Si sopravvive nelle caverne, sotto il Tibet, l’Himalaya, il Karakorum. Uccidendosi l’un l’altro fra mercenari, quelli che, non avendo un nemico proprio, hanno tutto nemico – “un mercenario deve evitare di chiedersi se esiste o meno il nemico”, tutti lo sono.
Un day after però confuso, compresa la memoria che il mercenario, ridotto a protesi meccaniche, va incidendo sulle pareti delle caverne. Un intreccio di varie storie. Una alla Bud Spencer e Terence Hill, sul versante truce, mitragliate invece che pugni. Uno di riviste porno, merce apprezzatissima, bordelli, e copule a ogni angolo, che oggi fa sorridere. E uno o più di filosofia. Il governo – il governo svizzero, ma poi la “forma governo”. La natura e il destino dell’uomo – “A che pro l’essere umano? Domanda senza risposta”.. E una cosmogonia originale, questa apprezzabile. In general le parti filosofiche, di cui infine si dà la bibliografia, “un collage di Platone (La Repubblica, Il mito della caverna) e Nietzsche (Genealogia della morale, Schopenahauer come educatore)”. Al suono di “Quando bionda aurora il mattino c’indora”, l’inno nazionale svizzero.
Un testo però preveggente, del 1980. A un certo punto non solo la “gigante blu”, l’Unione Sovietica, implode, “anche gli Stati «liberali» cominciarono a esercitare pressione verso l’interno, emanando decreti contro i dissidenti. Il processo divenne irreversibile. Cominciò la corsa agli armamenti. Ogni Stato produceva più energia di quanta ne cedesse”. O altrimenti, in chiave europea, “la politica, costretta a svolgere la sua attività unicamente sulla superficie del sole, senza poter influire sui processi del nucleo, divenne vuota retorica”. A p. 45, a metà percorso, c’è tutto il quarantennio che veniamo di vivere: “Sempre più spesso la zona convettiva fu perforate dall’interno, sorsero e crollarono potentissimi imperi economici, si scatenarono crisi, inflazione, incredibili brogli, atti terroristici folli, la criminalità e le catastrofi aumentarono in modo esponenziale, gli Stati divennero instabili”.
Un testo che è troppe cose. Forse la conglomerazione di due o tre narrative diverse e incompiute. A tratti è il vero saggio del nichilismo – non quello boomerang nel nichilista che si afferma mentre si nega: “Ci siamo, ma sappiamo che non ci saremo, nei prossimi 18 milioni di anni” – la terra continuerà a girare, “per miliardi di anni”, ma inerte, come la luna. E, come in futuro il mondo, già oggi gli Stati.
Ma è arrampicarsi sugli specchi. Sbalza l’inconcludenza di molta narrativa tedesca del secondo Novecento, postespressionista e postmetafisica. 
Friedrich Dürrenmatt, La guerra invernale nel Tibet, Adelphi, pp. 108 € 12

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