Niente di nuovo, per chi
ancora sa dove e che cosa è l’Africa. Ma gli indici utilizzati dagli
organizzatori, il gruppo Eni, sono sorprendenti – sorprendentemente
significativi.
È in Africa, in rapporto alla
popolazione, il maggior di donne lavoratrici – più che negli Stati Uniti. Lo
sono sempre stato, si può aggiungere, l’Africa è un continente matriarcale,
l’Africa a sud del Sahara, e per tale viene anche celebrata, dagli storici e
gli scrittori africani. Nel 2100 la maggior parte dei giovani sotto i venti
anni saranno africani. Nel 2020 il numero degli abitanti delle città africane
sarà superiore a quelo degli abitanti dele città europee – l’Africa si
urbanizza. Il numero degli africani con accesso regolare a internet è più che
triplicato fra 2010 e 2017, dal 7 al 22 per cento, il tasso di crescita più
rapido al mondo.
Ma, per ora, ottanta milioni
di bambini non vanno a scuola. Sessanta africani su cento non hanno acqua
potabile. Le donne lavorano fino a cinque ora al giorno per recuperare la legna
da ardere, per la cucina e contro il freddo.
Le indipendenze, insomma,
necessarie, sono state mezzo secolo sprecato, e forse controproduttivo – questo
la mostra non lo dice. Ma molto si sta facendo negli ultimi anni – quelle del
gruppo petrolifero sono sintomatiche - per cerare scuole e altre
infrastrutture, manageriali e sociali. Eppur si muove.
Il Mxi ospita in
contemporanea un’altra, grande, mostra sull’Africa. Una panoramic
dell’urbanizzazione, in occasione della Seconda Conferenza Italia-Africa. Di
maniera. “Datafrica” dice invece molto, e dà voglia di saperne di più.
Datafrica, Maxxi Museo nazionale
dell arti del XXI secolo, Roma
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