lunedì 15 ottobre 2018

Migrants go to America


“Migrants go to America”, cantano Maria e Anita, giovani portoricane, nell’inno all’America che è al centro di ”West side story”, 1957, il musical di Bernstein.
I migranti vanno in un Paese che da sempre non li ha voluti. Questo invece è il paradosso americano che Tina Vasquez, oggi, una studiosa di origini messicane, spiega alla “New York Review of Books”. “Gli Stati Uniti si sono formati come una nazione di immigrati, come il grande melting pot, ma essendo sempre anti-immigrati, o almeno mettendo in piedi un sistema di immigrazione incredibilmente anti-immigrazione”.
È così, sia delle leggi che del sistema di controlli, amministrativi e di polizia. Lo è stato in passato,  contro gli europei latini dapprima, poi contro gli asiatici, e nel dopoguerra contro i latinoamericani. Anche ultimamente, con Obama prima di Trump. Pur sapendo di essere un paese che ha bisogno di immigrati.
Gli Stati Uniti sono, fra i paesi sviluppati, l’unico che mantiene un incremento demografico medio annuo attorno all’1 per cento, o poco sotto – un incremento cioè che i demografi ritengono “giusto”.  La popolazione è così cresciuta nel primo decennio del millennio da 313 a 343 milioni, e nel secondo decennio è prevista in aumento fino a 369 milioni. Dovuto per l’80 per cento, in entrambi i decenni, all’immigrazione.  

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