L’interesse è della vicenda: Gabrielle
Russier (nel film Annie Girardot), trentun’anni, separata con due gemelli, che
accudisce severa, insegnante, s’innamora di Christian Rossi, sedici anni, a una
manifestazione di piazza. La brutta copia di quella che avrebbero vissuto venticinque
anni più tardi Brigitte Trogneaux e Emmanuel Macron. Analoga in tutto, eccetto
che nella differenza di età, quindici nel caso in questione, ventiquattro in
quella di Macron. E nella conclusione, felice per Macron, traumatica in quella
che qui si racconta - i frutti del Sessantotto maturano in ritardo, nel 1993 si
potrà fare quelo che non si poté nel 1968-1969.
Analoghi anche i comportamenti
dei coprotagonisti. I mariti delle due donne, solidali. I genitori dei due
ragazzi, comprensivi: cambio di scuola e di città, dissuasione morbida. Fino a
un certo punto: i genitori del ragazzo, entrambi professori all’università di Aix, lui piemontese, dopo
qualche mese ritengono l’equilibrio del figlio minacciato da Gabrielle e la
denunciano per circonvenzione d’incapace. Sarà processata, il governo vuole una
condanna – è presidente Pompidou, un banchiere letterato. La condanna sarà
lieve, un anno con la condizionale. Ma dopo un processo spettacolo, e Gabrielle
finisce suicida.
Mezzora dopo la sentenza
lieve il Pubblico Ministero, obbedendo a un richiamo del ministero dell’Istruzione,
ha presentato appello. Allo scopo di ottenere una condanna da iscrivere nel
casellario giudiziario, e impedire così che Gabrielle Russier possa avere uno
statuto di dipendente pubblico.
Mavis Gallant ne trae la morale
all’inizio, presentando il caso al pubblico americano: “Don Giovanni esercita
un ruolo normale in società, mentre le donne sono state portatrici di guai fin
dalla Genesi”. Ma poi ne fa un racconto di estremo interesse. I genitori del
ragazzo sono comunisti. Il ragazzo è maoista. Dopo la morte di Gabrielle il presidente
cita in tv una poesia di Paul Éluard, patriota, comunista, su una ragazza
martirizzata dalla società perché innamorata della persona sbagliata… “Il tema
del ragazzo e della donna matura è ripetuto nella narrativa e il teatro in
Francia. Gabrielle lo sapeva poiché insegnava Racine e Stendhal, Colette e
Radiguet”.
Gabrielle era protestante,
figlia di un noto avvocato parigino, e di un’americana dell’Utah, nipote di un
religioso, ma girava su una Dyane rossa, si firmava anche “Dyana Rossa”, all’italiana (scrive anche a Christian in italiano, un telegramma in particolare, che la porterà in prigione e in tribunale),
e regalava agli studenti libri di Sartre e Vian. Non abbastanza per
scandalizzare i genitori di Christian marsigliesi – la scena è Marsiglia – ma sì
per i media. Piccola e minuta, aveva trent’anni ma ne dimostrava diciotto. “una
hippie androgina”, per dire che aveva poco seno e pochi fianchi, “non era bella”,
non rideva e nemmeno sorrideva, “i suoi studenti l’adoravano, la chiamavano
Gatito, che in spagnolo è gattino, e le davano il tu, che in Francia è
inconsueto, anche ai bambini si dà il voi…” Una storia struggente, senza
essere sentimentale.
Mavis Gallant, Immortal Gatito, “The New Yorker”, free
online
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