venerdì 5 ottobre 2018

Perché il 2018 non è il 2011


Governo nuovo, nuovissimo, come senza radici. Antieuropeo e antieuro, almeno di programma. Di politici non sperimentati, nessuno di loro ha mai avuto una responsabilità di governo,  nemmeno al Comune del paese, e avventurosi. Su pilastri, alla Presidenza e all’Economia, di “tecnici” ignoti, scelti a caso, vergini, nonché alla politica come esercizio del potere, alla stessa chiacchiera politica. A fronte dei governi di Berlusconi e Tremonti, alla terza esperienza, e di Monti e Passera. Due governi milanesi, quindi affidabili per definizione. Perfettamente allineati su Bruxelles e su Francoforte. Ma i “mercati” allora impazzivano, oggi no. Si difendono, smobilitando una parte dei Bot, ma non attaccano.
C’è una ragione. Nel 2011 era sotto attacco l’euro. Già indebolito dalle banche del Centro Nord, per il cui salvataggio la Ue aveva impegnato mezzo miliardo. Dal fallimento evitato in extremis dell’Irlanda. Dal fallimento pendente della Grecia. Per la politica del “troppo poco troppo tardi” della Germania. Si attaccava l’Italia come quella in grado di far saltare l’euro. Col supporto, fosse panico o stupidità, del ministro delle Finanze tedesco Schaüble e del presidente della Bundesbank Weidmann.

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