Ha bisogno di lavoro immigrato soprattutto l’Est europeo, che
pure presenta il fronte sovranista originario e più duro, Ungheria e Polonia in
testa. La Polonia, che è anche il paese col maggiore tasso di emigrati negli
ultimi trent’anni, verso la Germania, la Francia e la Gran Bretagna, è il paese
probabilmente con più per messi di lavoro per immigrati, un milione 700 mila a
fine agosto. Ha sopperito finora alla carenza di manodopera con immigrazione
dall’Ucraina e da altri paesi, ma progetta un’apertura verso il Sud-Est
asiatico, Filippine e Vietnam, in chiave “filiera cattolica”. Una nuova legge
sull’immigrazione sta per essere licenziata, che consente gli arrivi extra-Ue,
e a lungo termine – la legge vigente consente permessi di soggiorno di tre-sei mesi, che l’industria critica.
Anche Slovacchia e Repubblica ceca, benché in prima linea sul
fronte del no agli immigrati, hanno bisogno di manodopera straniera. Ma più di
tutti ne ha bisogno l’Ungheria di Orbàn, il “primo sovranista”. Nove imprese su
dieci si calcola che limitano l’attività per carenza di manodopera. Con un doppio danno: i salari, in un mercato del lavoro
così teso, sono in crescita, di un 10 per cento nel solo ultimo anno.
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