Amico\Nemico – L’autonomia
del politico, che la “Teologia politica” di
C. Schmitt ricostituiva - in questa epoca che si voleva dominata dalla
tecnica, cioè da tutti indifferentemente, senza più un terreno neutrale per
costituire la forma politica, e in cui quindi vedeva comparire lo Stato totale,
senza più l’autonomia del politico – con l’antinomia Amico\Nemico, per nemico
intendendo non un concorrente o avversario, ma l’“altro” in senso esistenziale,
lo scrittore Dürrenmatt vede vanificata dal mercenario. Da quello per cui ogni
nemico è uguale all’altro e tutti sono nemici.
La
teologia politica del sommo giurista lo scrittore Dürrenmatt scardina sardonico
alle pp. 21-22 del trattatello “La guerra invernale nel Tibet”: “Un mercenario
deve evitare di chiedersi se esista o meno il nemico, per un semplice motivo:
quella domanda lo uccide. Se mette in dubbio il nemico, sia pure
inconsciamente, non può combattere”. Il
Nemico nel senso proprio.
Il mercenario sfugge all’architettura
schmittiana. Il killer pentito anche, si può aggiungere – cioè il confidente. E
l’adultero\a - l’ex adultero\a, la categoria certo oggi è svuotata. E più in generale
nel quadro morale, che è instabile. La relazione stabile, e fondativa, Amico\Nemico
è instabile. Non pone problemi di giudizio, non preliminari, ma di effetti sì.
Autorità – Si dissolve nel
populismo, dovendo esso per programma rincorrere ogni bisogno e ogni interesse?
È stato il punto debole del fascismo, che fu autoritario quale si voleva solo
nell’ordine pubblico o di polizia, per il resto divisivo e dissolutore, anche
prima delle guerre che lo hanno sconfitto. Il populismo può non essere fascista
nel senso che non è autoritario, non abolisce le costituzioni né la libertà di
espressione e associazione, ma ne condivide il nucleo di debolezza. L’autorità,
o decisionismo nel gergo schmittiano, la governabilità, vuole scelte – “decisioni”.
Cioè un complesso di interessi che il populismo, che tutto vuole abbracciare, finisce
per sconfiggere. Soprattutto se interagisce (di determina) sull’indistinto digitale.
Credere – È il motore
dell’esistenza. “Credi in Dio?”, chiede una guardia al candidato mercenario di
Dürrenmatt in “La guerra invernale nel Tibet”: “No”. “Credi nell’immortalità
dell’anima?” “No”. “Non è richiesto, anzi è solo d’impaccio se ci credi. Credi
in un nemico?” “Sì”. “Ecco, questo è richiesto”. E invece no. Quando non si crede non c’è attesa
né speranza, ma credere in un nemico, solo nel nemico, vuol dire isolarsi,
chiudersi, spegnersi.
Credere
è un prolungamento, una protesi mentale.
Dissenso – Può essere una
forma di consenso, una sua mascheratura. Oggi, nell’età e nei luoghi del
politicamente corretto, i suoi fautori possono presentarsi come innovatori e
anticonformisti. E non repressivi ma protettori dei deboli e araldi di libertà.
Entropia – È la negazione
dell’umanità: se è la legge dell’universo: la esclude – ne sarà stata un
accidente. L’essere pensante ci sarà, poiché c’è. L’essere critico, prospettivo,
costruttivo. Ma come improbabilità (casualità), essendo in contraddizione con
la legge dell’universo, se essa è l’entropia. L’umanità è cresciuta a nove
miliardi di esseri in tre milioni di anni, una massa rinnovata in continuo e in
crescita costante, nonostante diluvi e tempeste cosmiche. Ma allora come una
massa di formiche.
Più
che col numero in crescita, l’entropia è in contrasto con l’essere pensante.
Che è più complesso, molto, della stessa entropia – meccanismo perfino semplice.
Fede – È credito in
greco, nel greco del “Nuovo Testamento”.
Femminismo – Si vuole per se libertario e progressivo, mentre
può essere regressivo. Per esempio nella condizione femminile nel mondo
islamico. E in esso nei paesi di maggiore tradizione e progresso: la Persia,
l’Egitto, il Marocco. Dove il velo integrale, la copertura del corpo e del viso
della donna, è una scelta ed è un rifiuto, della modernità, e dei diritti che
essa comporta.
Opinione
pubblica –
Agamben la riduce a moderno strumento dei potere. È la liturgia che copre il
potere, la funzione di comando? La liturgia in senso religioso e in quello
profano, delle celebrazioni o trionfi. È il tema di Agamben, “Il regno e la
gloria”: dei trionfi e le acclamazioni
non relitti del passato ma contemporanei e anzi diffusi. Proprio attraverso la
pubblica opinione, ridotta ai “media che organizzano e controllano il
consenso”.
Ma
il potere è gerarchico, e un’operazione di potere va organizzata, mentre i media
sono anarcoidi. La funzione passa attraverso
il consenso – che, certo, può ammantarsi di dissenso.
Scienza - È l’individuazione
dei meccanismi della natura per meglio dominarla. Non propriamente in questo
senso finalistico, la scienza non si vuole biecamente utilitaristico, ma sì
totale: più controlla la natura meglio si ritiene realizzata.
La
natura che si idealizza è il residuo della scienza – quella che si conforma,
magari per sue virtù proprie, alla scienza, a un assetto critico.
zeulig@antiit.eu
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