martedì 20 novembre 2018

A Sud del Sud (il Sud visto da sotto) - 381

Giuseppe Leuzzi


Un decreto antiriciclaggio, il D.Lgs. 231\2007, impone un “modulo per  l’identificazione e l’adeguata verifica della clientela” che la banca cui si destina un accredito deve fornire del proprio cliente. Un attestato curioso, in cui si dice che il signor X è proprio lui e ha un conto in banca. Che viene utilizzato da banche e assicurazioni in caso di successione ereditaria per non trasferire i fondi – basta aspettare quindici giorni, parentesi burocratica minima, e il “modulo” scade. I fondi non trasferiti si possono capitalizzare alla stregua dei conti dormenti, e comunque all’attivo patrimoniale. Si costituisce una mafia anche sull’antiriciclaggio, che è parte dell’antimafia.

Si bruciano i rifiuti in Campania, è la camorra, con la diossina. Si bruciano, si sono bruciati i rifiuti in Lombardia, non era nessuno. Lombardia omerica.

“Noi mediterranei amiamo i balconi, i terrazzi, le finestre, ci piace affacciarci” – Manuel Vázquez Montalbán, “La bella di Buenos Aires”.

“«Qual è l’argomento oggi?», chiese Furster.
“«La menzogna del Sud»” - id.
A valere nei due sensi - Vázquez Montalbán non spiega in quale: la menzogna sul Sud e quella del Sud su se stesso. Un viluppo inestricabile?

A Gregorio, gommista, che commercia auto usate che revisiona, auto da amatore, vengono chiesti  da un signore di Modena che a tutti i costi vuole una Mini cabrio color panna, i dati segnaletici, per poter fare una ricerca sulla sua attendibilità attraverso i Carabinieri. Da quando ha saputo, dopo i primi contatti su internet, che la Mini cabrio è disponibile in Calabria.

Sui 54 candidati scremati, dopo selezione, fra i quali scegliere i manager delle Asp e degli ospedali della Regione Sicilia in apposito concorso pubblico, un dozzina sono “arrestati, indagati o sotto processo”, scopre “la Repubblica-Palermo”. L’assessore alla Salute della Regione che ha bandito la gara ha chiesto i carichi pendenti, e ha fatto la scoperta. Sette sono siciliani. Uno è calabrese. Uno è toscano – uno che è stato promosso dalla Regione Toscana dopo il rinvio a giudizio. Quattro sono milanesi.

“Si parte domenica mattina”, annuncia il padre di Carmine Abate che ha deciso di emigrare nel primo racconto di “Il muro dei muri”, “siamo in quattordici idonei, gli altri li hanno scartati”. L’emigrazione – allora, anni 1950-1960, in Francia, Belgio, Germania, Inghilterra - era regolata, contrattualizzata. Per un certo tipo di lavoro, con una certa paga.
Allora, anni 1950-1960, in Francia, Belgio, Germania, Inghilterra, ma anche verso il Canada o l’Australia, o prima verso gli Stati Uniti.

“Però mio padre non mi ha mai picchiato” – scopre Abate nello stesso racconto. Il padre manovale, nelle miniere, nell’edilizia.

Ma quanto parlano i mafiosi al telefono, pur sapendo di essere intercettati. Contro la regola dell’omertà, e del silenzio.
Non sembrano mafiosi. Oppure sono stupidi, più che temibili.

Ogni mattina si fa una retata di mafiosi, venti, cinquanta, ottanta mafiosi. Ma quanti saranno, questi mafiosi? La popolazione del Sud, maschia, adulta, per quanto prolifica, non sarà inesauribile.

Gli incendi velenosi dei rifiuti sono equamente suddivisi, secondo “Il Sole 24 Ore”, tra Piemonte, Lombardia, Veneto, Lazio e Campania. Niente mafie quindi. Si parla solo della Terra dei Fuochi perché solo lì vengono denunciati?

Il sacro monte
È Polsi il “sacro monte” di Pavese, quello originario? Libero di leggere e anche di pensare, “in diversi saggi” pubblicati poi in “La letteratura americana e altri saggi”,  soprattutto nel periodo di isolamento a Serralunga di Crea nelle Langhe, dalla sorella Maria, dal settembre 1943 a fine guerra, a maggio del 45, due lunghi inverni e un’estate, Cesare Pavese approfondì le “riflessioni sul mito” (Franco Vaccaneo, “Cesare Pavese”, 105). Riflessioni portate ala luce dal “taccuino segreto” dello scrittore riscoperto da Lorenzo Mondo nel 1990. Tra le indecisioni sul nazifascismo  sulla guerra civile emerge dal taccuino una crisi mistico-religiosa, e la scoperta del mito. Che però lo aveva sfiorato, non senza lasciare tracce, nel confino a Brancaleone in Calabria. Dove era arrivato il 3 agosto, un mese prima della festa della Madonna della Montagna, per la quale si preparavano le “carovane” di pellegrini. È in quell’ambito che prese a meditare cosa rappresenta per il fedele il “sacro monte”, il santuario. Un luogo che si segnala perché ab origine presentito come luogo mitico toccato dalla divinità, un luogo dove un giorno avvenne la rivelazione, una manifestazione cioè del divino. Impregiudicato lasciando il ruolo del mediatore, sia esso scopritore o santo che santifica, eremita, profeta. Un fondo sentimentale comune.

I due mari
Strati faceva in “Gente in viaggio”, la raccolta del 1966, nei primi tre o quattro racconti della raccolta, una sorta di antropologia precisa e severa dei suoi luoghi, che oggi si chiamano Locride, della Calabria jonica. Da servitù della gleba. Un mondo arido e povero, poverissimo. Di ragazzi e donne a piedi scalzi. Dove si mangia pane, quando va bene – il “pane di grano” è un miraggio. Con rapporti sociali “feudali”: si lavora gratis in certi giorni dell’anno per il “signorino”, che non è il padrone, solo il ricco che dà ogni tanto qualche giornata di lavoro retribuita, e qualche alimento che non si può comprare – la pasta, le acciughe. Ancora negli anni 1940. Che invece si ricordano sull’altro versante, tirrenico, come feraci per tutti. Dell’abbondanza, dei diritti sindacali e comunque legali, del lavoro rifiutato, anche solo per andare a caccia.
Una realtà dura da tempo immemorabile, se la Locride di oggi veniva chiamata fino a ieri “arretu marina”, la marina di dietro. E ancora nei primi anni 1960. Pasquale C., che fu insegnante a Gerace per alcuni mesi nel 1962, o 1963, ricordava classi cenciose. Benché lavate e rilavate. E smagrite, di ragazzi che spesso si addormentavano, come sfiniti. Al punto che un giorno comprò un pane in paese e lo portò in classe, un pane da due chili. “Fu divorato”, ricordava, “senza vergogna”. Lo rifece con altre classi – insegnava materie tecniche nella scuola media dell’obbligo di recente istituzione - e diventò un’abitudine, di cui nessuno si vergognava.
Oggi la scena sarebbe rovesciata fra le due coste. Non di povertà sulla costa tirrenica, la “Piana”, ma di disordine, incuria, sporcizia, squallore, pubblico e anche privato, specie nei servizi, dal commercio alla ristorazione. Dove si impegna a vendere le clementine e le arance, di cui è grande produttrice, della Spagna, e anche gli extravergini, cosiddetti - nonché i fichi, e i fihidindia... .Mentre la costa jonica è ordinata e pulita. Un po’, ma si sente la cura, attenta, sveglia, l’idea di stare ai tempi, della manutenzione, del decoro. Specie nel recupero del territorio, per colture e per turismo. Si recupera perfino il patrimonio artistico.. L’idea di costruire il valore aggiunto, malgrado la natura sfavorevole, cioè un futuro, invece di sdraiarsi sui “pochi, maledetti e subito”.
Su entrambe le aree, la Locride e la Piana, pesa la malavita, come dicono i Carabinieri e i giudici.  Ma se così è, la Locride con la malavita ha creato ricchezza. Con i rapimenti di persona prima poi con la droga. La Piana, col pizzo, sia esso causa o solo concomitanza, fa povera una ricchezza naturale senza paragoni, di agrumi, ortaggi, ulivi, e spiagge omeriche.
Si direbbe il principio razionale di causa ed effetto sovvertito. Ma a volte è la ricchezza e non il bisogno a portare al delitto. Mentre il bisogno può essere, seppure a suo modo, istruttivo, costruttivo.   

La Lega nascosta
Salvini critica “i Poteri Forti” e questo non piace. Anzi, i “Poteri Forti” non esistono, sono finiti con “l’imperatore Teodosio”, l’imperatore romano, “morto a Milano nel 395 dopo Cristo: “Salvini sa bene che gli unici Poteri Forti in grado di farlo saltare sono  gli elettori del Nord che lo hanno mandato trionfalmente a Roma per combattere la vera emergenza: non i migranti e i condonati di Ischia, ma le tasse troppo alte e la burocrazia troppo astrusa”.
Il rimprovero viene dal torinese Gramellini sul milanese “Corriere della sera”, e quindi si capisce, il Nord vuole essere virtuoso. Ma la Lega non si nasconde, che a Nord plebiscitano. La lega è molte cose – da ultimo un partito meridionale… Ma Bossi la voleva una “democrazia cristiana” per le elezioni del 1992, un Grande Centro. La Lega ideale è invenzione mediatica – il leghismo è mediatico.

Rimproveri al sindaco di Milano Sala che dice, come pensa: “La chiusura domenicale la facessero ad Avellino, qui a Milano non rompano le scatole”. Che rimprovera cioè il governo come se fosse fatto di napoletani, senza Salvini, Giorgetti e la Lega (ex) Lombarda. “Non sta bene” è il rimprovero. Non non sta bene “pensare” la cosa, non sta bene “dirla”.

leuzzi@antiit.eu

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