In una Barcellona fuori cliché, imbruttita, sventrata per l’Olimpiade, e col “catalanismo”
invadente nella toponomastica, indigesto al catalano autore, i barboni vengono
uccisi. Argentini sfuggiti alla dittatura militare anni 1970. Vengono fatti
fuori, benché inermi, e fuori tempo massimo, dai residui destrorsi del paese
della pampa, e da quelli franchisti in Spagna, passati con le stesse funzioni
nel regime democratico. Senza fini, senza nemmeno malanimo, per un riflesso condizionato – il cattivo fa il cattivo.
Non incoraggiante, Vázquez
Montalbán era propripo arrabbiato: il romanzo, pubblicato postumo, aveva
lasciato inedito. Ma, seppure politicamente improbabile, ha molto ritmo. L’estrema
caccia ai fuoriusciti si scatena quando in Spagna il giudice Garzon decide di
perseguire gli argentini, anche dopo venti o più anni, se responsabili di persecuzioni
contro cittadini spagnoli.
Manuel Vázquez Montalbán, La bella di Buenos Aires, Feltrinelli,
pp. 158 €7,50
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