È braccio di ferro, allo sfinimento,
con grossi danni, tra Bruxelles e Roma attorno al bilancio italiano. Di cui l’Italia è ormai sicura vittima, ma con
colpe veniali, e forse legittime. Il braccio di ferro è stato
ingaggiato dalla “vecchia politica”, i popolari e i liberalsocialisti, contro
la “nuova politica”, che in Italia ha fatto per prima breccia – il governo Kurz
a Vienna non conta, l’imberbe cancelliere è un vecchio democristiano, il suo governo
è la copia dell’Andreotti 1972, con i neofascisti (due anni prima di convertirsi
al compromesso storico con Berlinguer). Non c’è voluto molto a Merkel e Macron per compattare la
Commissione europea: all’unanimità e molto tempestiva, anzi precedendo le scadenze, la Commissione è
impegnata a stroncare il governo gialloverde italiano. Una manovra di pura politica
di potere – o di sedia. Di cui non s fa abbastanza caso: un “colpo di coda” della
vecchia politica. In rotta e quindi
disperata: deve salvarsi, mandando l’Italia all’inferno, dal ripudio già
previsto alle europee di marzo. Anche se l’Italia dovesse andare in malora – e con
essa l’euro e la Ue.
E possibile argomentare pro
o contro la manovra Conte-Tria. Pro o contro Lega e 5 Stelle, se sono oppure no
la novità attesa in politica, la novità intelligente e buona. Ma non si può non vedere l’assurda compattezza
di Bruxelles.
L’Italia non è il primo paese che ha disatteso gli impegni di
bilancio. Ce ne sono stati anzi altri che addirittura hanno disatteso i
parametri di Maastricht – Francia e Germania tra i tanti. E nulla è successo,
calma piatta a Bruxelles.
Anche la risposta all’Italia
è vecchia maniera. Nessuno, nei tanti centri di analisi e di calcolo a Bruxelles,
si chiede perhé l’Europa arranca, unica potenza economica in difficoltà, da un
dodicennio. Con un abbandono che, in prospettiva storica, sembra incredibile, quello della Gran Brtagna, ma non a Bruxelles. L’unica occupazione è preservare la poltrona.
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