Deterrenza
- L’obbligo della “deterrenza”, di avere un
armamento nucleare, completo di vettori missilistici, alla pari delle potenze
avverse, ha reso le grandi potenze più esposte alle sfide minori e minime. La
considerazione ricorre in Henry Kissinger, “Ordine mondiale”, al cap. ultimo, “Tecnologia,
equilibrio e coscienza umana”, che trae una prima conclusione in questo senso:
“La supremazia tecnologica si è rivoltata in impotenza geopolitica”. Ma era
vera in passato, prima dell’armamento nucleare, quando in campo si
fronteggiavano nemici di forza ineguale. Per esempio le potenze coloniali di
fronte alle colonie. Che quasi ovunque si sono liberate sul campo, con le armi.
È successo alla Francia in Indocina e in Algeria, e al Portogallo in Africa.
Sul piano delle grandi potenze, i casi che
danno ragione a Kissinger sono: per l’Unione Sovietica l’Afghanistan, e forse
la Cecenia, o la stessa Ucraina. Per gli Stati Uniti il Vietnam, l’Afghanistan
e l’Iraq. Le risorse finanziarie e organizzative vengono concentrate
sull’equilibrio nucleare, la guerra tradizionale è affrontata con meno
preparazione e determinazione. Anche per un effetto psicologico: la potenza
nucleare –la strapotenza – induce come un senso di superiorità imbattibile,
mentre invece è vulnerabilissima, e mano di un uso dell’arma nucleare, che è
invece impossibile..
Trappola
di Tucidide – Torna in uso per declinare-spiegare la
prossima guerra, inevitabile: quella tra Stati Uniti e Cina. Che però non è in
Tucidide, non ne è previsto il modello. Se non nella frase, cara a Graham Allison,
lo storico che ha coniato la “trappola”: “
Allison è contestato negli Stati Uniti. A
Harvard, dove insegnava, ha costituito con gli studenti un gruppo di lavoro
sulla “trappola di Tucidide”, che si è incaricato di metterne in rilievo
l’occorrenza nei fatti di maggior rilievo della storia europea. Sui risultati
di questo gruppo di lavoro Allison ha pubblicato un grosso volume. Ma la
“trappola” intende in agguato nel rapporto con la Cina. Come da tempo viene
spiegando, con precisione in un editoriale sul “New York Times” il 6 giugno
2013, quando il presidente cinese Xi arrivava in visita da Obama: “Detto
semplicemente, possono Stati Uniti e Cina sfuggire alla Trappola di Tucidide?
In 11 casi su 15 dal 1500 in cui una potenza emergente ha sfidato quella al
potere, l’esito è stato guerra. Possono Obama e Xi sfidare con successo questi
precedenti? Oltre 2000 anni fa Tucidide, il generale e storico ateniese, diede
una brillante sintesi sulla causa della Guerra del Peloponneso quando
identificò non una ma due variabili di casi di questo tipo. Con la famosa
frase: “Fu l’ascesa di Atene e la paura che questa provocò a Sparta che
rese la guerra inevitabile”.
Storici accademici contestano a Allison
che Tucidide si sia espresso così. La “trappola” non ci sarebbe nel testo greco
originale dell’opera di Tucidide. Ernst Badian, altro storico di Harvard, e
Donald Kagan, di Yale, spiegano che non c’è in Tucidide nessuna “trappola”. Fu
Atene che fece la guerra, spiega Kagan in ben quattro volumi, e nion Sparta.
Gli Spartani non volevano la guerra, meno che mai “preventiva”, non volevano
cioè iniziarla. Erano gente del Sud, di campagna, usavano ferretti come moneta,
si nutrivano di zuppe di fagioli, e passavano il tempo all’aria negli esercizi
ginnici. Fu Corinto, rivale di Atene, che li persuase alla guerra. Che
intrapresero contro il parere del loro stesso re, Archidamo. Una guerra di cui
nessuno potrà dirsi vincitore. Sembrò esaurirsi con la peste a Atene, di cui fu
vittima pure Pericle. Invece, morto Pericle, Atene tornò all’attacco, e perse –
e gli storici americani non considerano l’argomento di Canfora: che Tucidide,
ateniese in carriera ostracizzato, si vendicava un po’, con la sua storia, della patria perduta.
Il sottinteso del confronto tra accademici
è che Allison è poco accademico e molto operativo, essendo stato in più occasioni
consulente del Pentagono e delle agenzie di sicurezza.
I sinologi americani contestano
l’argomento nel caso specifico, della guerra inevitabile tra Usa e Cina. Riconoscono
che Allison ha fatto una presentazione corretta degli sviluppi della Cina in
fatto di crescita economica, finanziaria, tecnologica, e anche di potenza
militare, ma contestano che la Cina sia indirizzata al confronto con gli Stati
Uniti, invece che alla collaborazione, quale ha sempre praticato dacché, circa
trent’anni fa, con la presidenza di Deng Hsiaoping, si è aperta ai mercati
internazionali. Il sottinteso è che la Cina è un gigante dai piedi d’argilla,
giacché si può già dire una potenza economica, tale anzi da diventare la prima
al mondo a metà secolo, ma su una situazione politica instabile, mentre quella militare
è perfino debole. Un regime comunista che trova difficoltà a evolvere dalla
stato di dittatura. E una serie di prove militari finite, se non male, poco
dignitosamente. A opera della forza militare che ha tentato di ergersi con
incaute manovre al livello della dominante partitica - un confronto non
dichiarato ma percepibile a Pechino.
Nel 1995, due anni prima della morte di
Deng, che nomn voleva nessun atto di ostilità nei confronti degli Stati Uniti,
la Marina cinese occupò un isolotto filippino, Mischief Reef. Ne 2012 ne ha occupato un altro, Shenandoah Shoal.
Minacciando la creazione di basi missilistiche e sottomarine negli isolotti
occupati. Che però non lo consentono. Lo Stato maggiore cinese ha inoltre
proclamato nel mare Cinese Meridionale un Air Defence Identification Zone, uno
spazio aereo cinese, che comprende anche un’isola coreana, e un gruppo di
isolotti giapponesi. Con l’unico effetto, finora, di mettere in allarme
Giappone, Corea del Sud, Vietnam, e ogni altro vicino fino all’India, rilanciandone
i piani di armamento.
La Cina avrebbe problemi da risolvere più
che opportunità di allargarsi, meno che mai di sfidare gli Usa. Si moltiplicano
per questo gli sbarchi di cinesi in America. Lo stesso Xi ha mandato la figlia
a studiare a Harvard. La sua prima moglie si è ritirata a vivere in
Inghilterra. L’immobiliare americano prospera con gli acquisti di cinesi, non vecchi
emigrati delal ristorazione e il piccolo commercio, di cittadini residenti in
Cina.
La “trappola di Tucidide” è diversamente
spiegata dall’economista Benoît Coeuré, membro dell’esecutivo Bce, incaricato
delle relazioni internazionali. Tucidide avanza la sua considerazione basandosi
sui due concetti contrapposti di predominio. Uno legittima la leadership
basandosi sula fiducia reciproca e su identità comuni – il sottinteso è il
legame transatlantico che ha retto il dopoguerra. Questo il greco chiamava egemonia. L’altro è l’arché, che la leadership fondata sul
comando e il controllo.
Jean-Claude Ferry, il fondatore
dell’istituto europeista Breughel, membro del gruppo di economisti francesi e
tedeschi che studiano la riforma delle istituzioni Ue, pone invece l’interrogativo:
se il “nemico” è la Cina, perché Trump ha denunciato anche il trattato
transatlantico e quello transpacifico, che escludevano l’uno la Russia e
l’altro la Cina? Forse si tratta di una partita di giro, Trump vuole solo
condizioni più vantaggiose per gli Stati Uniti.
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