Deterrenza – Non c’è
deterrenza possibile nell’era dell’informatica. Un equilibrio del potere di
distruzione. È la conclusione di Kissinger, “Ordine mondiale”, dopo l’analisi
della pervasività dell’informatica stessa. “La deterrenza, che, nel caso
dell’armamento nucleare, prese la forma del bilanciamento del potere di distruzione,
non si può applicare per analogia diretta, perché il pericolo più grave è un
attacco senza preavviso, che si può cioè rivelare quando la minaccia si è realizzata”.
E la risposta è indefinita: attaccare il computer, il suo utilizzatore, il
paese in cui vive?
Limitazione informatica – Un “accordo di non proliferazione” è necessario in
materia informatica, poiché l’informatica detta l’“ordine mondiale” del
prossimo futuro. Almeno quello che Kissinger ha delineato nel saggio con questo
titolo: l’ordine mondiale nel prossimo futuro sarà digitale, retto
dall’informatica. Dopo la religione, la ragione e il nazionalismo, “la scienza
e la tecnologia sono i caratteri dominanti della nostra epoca”.
Un saggio
del 2014, in cui, pur dichiarandosi cyberanalfabeta, l’ex segretario di Stato
americano anticipa molto di quello che in questi quattro anni è già avvenuto. Non
arriva all’intelligenza artificiale, ma ne conosce e pone i presupposti.
Basandosi sulla “legge di Moore”, la profezia cinquant’anni fa di un ingegnere
di Intel: “La novità dell’era attuale”, nelle parole di Kissinger, “è il tasso
d’innovazione del potere informatico e l’espansione della tecnologia
dell’informazione in ogni sfera dell’esistenza”. La vita è sempre più
cyberizzata, quella quotidiana e degli affari, e fino alla politica e la
difesa: “Un «Internet delle Cose» o un «Internet di Ogni Cosa» incombe”, nel
2014: “Gli innovatori prevedono ora un mondo di ubiqua informatica, con
congegni miniaturizzati di trattamento dati inseriti negli oggetti quotidiani -
«serrature intelligenti, spazzolini, orologi da polso, macchine da fitness,
rivelatori di fumo,videosorveglianza, forni, giocattoli e robot» - o
galleggiando nell’aria, sorvegliando e modellando l’ambiente nella forma di
«polvere intelligente». Ogni oggetto va connesso a internet e programmato per
comunicare con un server centrale e altri meccanismi di rete”.
Anticipa
il Russiagate, quale che sia quello americano che non si sa definire: “La
complessità è accresciuta dal fatto che è più facile montare attacchi cyber che
difendersene, incoraggiando probabilmente un intento offensivo nella
elaborazione di nuova capacità. Il rischio è accresciuto dalla plausibile
negabilità dei sospettati di tali azioni”. Se anche Putin si è intromesso, può
negarlo senza rischio.
L’argomento
è semplice: “Un portatile può produrre conseguenze globali”. Kissinger ci
arriva da scienziato politico, sulla base di casi già precisi. L’attacco virale
americano Stuxnet, contro la capacità nucleare iraniana. L’attacco botnet (una
rete di computer infettati da malware) della Russia in Estonia nel 2007, che ha
paralizzato le comunicazione per giorni – un’esercitazione. L’uso strumentale
dei social, a partire dalle presidenziali americane del 2012: “È stato detto
che nel 2012 le campagne elettorali (le organizzazioni delle campagne
elettorali, n.d.r.) avevano schede su decine di milioni di elettori
potenzialmente indipendenti. Messe assieme attraverso le reti social, gli
schedari pubblici, e la documentazione sanitaria, queste schede realizzavano di
ognuno un profilo, probabilmente più preciso di quanto l’interessato sarebbe
stato capace di realizzare con la sua propria memoria”.
Di suo Kissinger
nota che le campagne elettorali si sono trasformate in “confronti mediatici tra
operatori internet”. Nei quali i candidati si riducono a “portavoce di
operazioni di marketing” – elettorale certo. Questa non è del tutto una novità:
il candidato ha sempre cercato di anticipare i bisogni dei suoi elettori o
comunque di allinearvisi. Ma nell’era informatica non ha più la capacità di
influenzarli, di meglio indirizzarli. Ha un ruolo passivo e non attivo.
Da
statista Kissinger va più in là. Il terrorismo digitale può avere conseguenze
molto più letali di quello islamico o di ogni altro genere già sperimentato.
Anzi, si avventura fino a dire che “la prossima guerra” si combatterà in rete. Sempre partendo dal fatto semplice del portatile che “può avere conseguenze globali”.
Anche senza complotto: “Un attore solitario con sufficiente capacità di calcolo
può accedere al cyberdominio per disabilitare e potenzialmente distruggere
infrastrutture chiave, da una posizione di quasi completo anonimato”.
La rete
ha innovato l’arte militare ma non solo: ha indebolito o sconfitto le dottrine tradizionali
della Auctoritas, del potere delle
istituzioni. Se “individui di oscura affiliazione” possono colpire obiettivi
sensibili, “la stessa definizione di autorità statale può diventare sfuggente”.
Per questo ritiene necessario un accordo sull’uso del cyberspazio analogo a
quelli suoi sui missili e la potenza nucleare. “Una qualche definizione di
limiti”, chiede, in “un accordo su regole di reciproco autocontrollo”.
Il realpolitiker si
fa a questo proposito profetico: il cyberspazio è “strategicamente decisivo”. Il
quadro è semplice: “Azioni intraprese nel mondo virtuale interconnesso possono
spingere a contromisure nella realtà fisica, specie quando quelle azioni hanno
la potenzialità di infliggere danni paragonabili a quelli di attacchi armati. Senza
una qualche definizione dei limiti e senza un accordo su regole di reciproco autocontrollo,
è probabile che una situazione di crisi si innalzi anche al di là delle intenzioni:
il concetto stesso di ordine internazionale può subire tensioni crescenti”.
Non proliferazione - Il trattato internazionale probabilmente più disatteso
e anzi tradito, subdolamente, della storia, nei fati e nelle potenzialità. Nel
1968 Stati Uniti, Unione Sovietica e Gran Bretagna firmavano il trattato di non
proliferazione nucleare. Che limitava l’armamento nucleare dei firmatari allo
stato della firma, e restava aperto all’adesione di potenze già nucleari e non,
con l’obiettivo di farlo diventare obbligatorio sotto l’ombrello Onu. Nel 1992
aderivano Francia e Cina. Molti paesi non nucleari, tra cui l’Italia, avevano
aderito. Molti altri che avevano aderito, come l’India, il Pakistan e Israele, la
Corea del Nord (è uscita dal Tnpo nel 2003), probabilmente anche la Corea del
Sud, hanno sviluppato un arsenale nucleare. Altri sono potenzialmente in grado
di realizzare armi nucleari – l’Iran è il caso eclatante. Anche perché la
relativa tecnologia è sul mercato.
Tedeschi -
Anche Heidegger era per l’incertezza. “Nessuno pensa a come stiano le cose
riguardo ai tedeschi”, lamenta in “Note I”, il primo dei “quaderni neri” del
dopoguerra, all’inizio dell’occupazione,”se essi siano ancora o siano una buona
volta in sé, se sappiano affatto chi mai essi stessi siano, se siano capaci di
pensare per approdare a questo sapere, se essi possano entrare nel tempo lungo
del ricordo, nel quale finalmente prospera la verità della loro essenza”. Con
una conclusione che aggiunge all’incertezza, a proposito di questa verità: “La
quale verità è: essere la comunità pastorale”, il greggiame, Hirtertum, “dell’Occidente, della ‘terra
della sera’, perché la sera è il tempo e la terra il suo spazio”….
astolfo@antiit.eu
Nessun commento:
Posta un commento