Bene è scritto del populismo – con un sola riserva: “Non
tutti i populismi sono fascismi, ma ogni fascismo è prima di tutto un
populismo, perché – anche se non nasce mai dalle classi popolari – il fascismo
le racconta come a esse piace essere raccontate: forti nelle intenzioni, fragili
solo per le circostanze, matrici di autenticità nazionale e vere protagoniste sociali”.
La riserva è che il populismo nasce sempre
dalle classi popolari, altrimenti è Ingroia, Santanché, i candidati dello zero
virgola: ci vuole un chiama e rispondi.
Bene è detto dei tic della sinistra – della sinistra
dem: conformismo, albagia, spregiudicatezza. Ma già qui c’è una faglia. Stroncando il
fascistometro oggi Gramellini dice una cosa giusta: “Alle 65 voci del
fascistometro bisognerebbe aggiungere la numero 66: «Scrivere un test per misurare
il fascismo altrui»”. Ma anche sbagliata: anche qui di che stiamo parlando, che
c’entra Murgia col fascismo? La colpa è semmai di avere adottato i tic, che scongiura,
della sinistra dem. Il pamphlet
aggiunge e non toglie ai vizi dei belli-e-buoni del villaggio. Soprattutto
perché è ben scritto.
C’è poi, ripetuta, la messa in guardia contro la “ricostituzione della memoria”, del fascismo. Che è possibile, si fa in continuazione, è il proprio della storia (storiografia) – da ultimo per la guerra civile, 1943-1945 e dopo, da Claudio Pavone a Violante e Pansa. Ma fino a un certo punto. Non si revisionano le ideologie e gli atti – programmi, sovversioni, leggi, delitti. La reazione in agguato è un brutto tic.
Peggio con l’immigrazione dall’Africa, al centro del pamphlet, buona a
prescindere. Che è sempre il vezzo coloniale, del missionario e del bravo
colono, il socialista mandato a redimere Algeria e Somalia, dell’africano infante. Anche dopo che la Francia ci ha vinto due Mondiali, con questi “bambini”, forse altrettanto capricciosi, ma più veloci, e rapidi di riflessi.
C’è poi, ripetuta, la messa in guardia contro la “ricostituzione della memoria”, del fascismo. Che è possibile, si fa in continuazione, è il proprio della storia (storiografia) – da ultimo per la guerra civile, 1943-1945 e dopo, da Claudio Pavone a Violante e Pansa. Ma fino a un certo punto. Non si revisionano le ideologie e gli atti – programmi, sovversioni, leggi, delitti. La reazione in agguato è un brutto tic.
Murgia
non è sola, viene dopo la riedizione di Eco e Pasolini, nel filone del “fascismo
eterno”, che evidentemente torna a vendere. Ma quelli parlavano di altro. Non della tratta
dei migranti, perché questo oggi avviene, una nuova tratta dei neri. A opera per lo più di mafie nere. Per il
resto, con tutte le buone intenzioni, basterebbe guardarsi attorno. Soprattutto in rete e in
tv, luoghi che Murgia frequenta. Ai ragazzotti presuntuosi di Grillo, ignoranti
per lo più, e scansafatiche, che sono onorevoli, senatori e ministri, nonché sindache,
e chiedersi: com’è stato possible che li abbiamo votati? Che un italiano su due abbia votato Di Maio o Salvini. Che tutto il Sud abbia
votato Grillo – che non sa nemmeno il Sud dov’è e non se ne cura – e che l’iperleghista
Salvini sia senatore eletto in Calabria.
La democrazia è cambiata, questo sì. È influenzata non più da assemblee e programmi ma da media e big data. Da chi le spara più grosse, per semplificare. Non dal fascismo, dall’opposto – a meno di non dire la rete una squadraccia, uno schieramento di squadracce. Il fascismo non si vede, siamo liberissimi, ma purtroppo si vede qualcosa di peggio: la stupidità al potere. Nostra, del popolo. Anche se è pure vero che si vota come si compra al mercato, fra quello che si vede.
La democrazia è cambiata, questo sì. È influenzata non più da assemblee e programmi ma da media e big data. Da chi le spara più grosse, per semplificare. Non dal fascismo, dall’opposto – a meno di non dire la rete una squadraccia, uno schieramento di squadracce. Il fascismo non si vede, siamo liberissimi, ma purtroppo si vede qualcosa di peggio: la stupidità al potere. Nostra, del popolo. Anche se è pure vero che si vota come si compra al mercato, fra quello che si vede.
L’ironia
sulla democrazia è invece pericolosa. Murgia vuole andare oltre le intemperanze
dei nonni Eco e Pasolini, e scrive cose come: “Scrivo contro la democrazia
perché è un sistema di governo irrimediabilmente difettoso”. Nella vena ironica
verrebbe da obiettarle: “Perché ha consentito la straordinaria carriera politica
del tuo editore Berlusconi?” Ma lei non è in vena: “La verità è che è il peggiore
e basta”, il sistema di governo democratico, non Berlusconi, “ma è sempre
difficile dirlo apertamente”. Come no, si è sempre detto, dai tempi di Atene e
degli oligarchi, quindi da 2.500 anni fa: come sistema di governo (governabilità)
la democrazia è inefficiente, va sempre corretta, ma è l’unico strumento che democratizza
il potere.
È
invece vero che “manipolando gli strumenti democratici si può rendere fascista
un intero Paese senza nemmeno pronunciare mai la parola fascismo”. Anzi, perché
no, nel nome dell’antifascismo – Pasolini. Ma questi “strumenti democratici” sono i media,
di cui Murgia è reginetta. L’opinione pubblica, che si può considerare una
disfunzione della democrazia, tanto è manipolabile - ma forse non è meglio di
no?
L’uso
disinvolto delle parole non è una buona cosa – si direbbe anche questo della
sinistra che Murgia critica, per non dire di Grillo: si dà del fascista a
chiunque dal 1968, prima che lei nascesse. Il suo impegnatissimo libello si affianca nelle
pile in libreria con un romanzone storico (o fantasy, “Le nebbie di Avalon” è
fantasy) che si avvale di questa fascetta della stessa Murgia: “Prima ancora
che un romanzo è un atto di rivolta narrativa”. Tutto si può dire, ma up to a point. Ci sono limiti nelle cose, e di senso nelle parole.
Michela Murgia, Istruzioni per diventare fascisti,
Einaudi, pp. 112 € 12
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