Questi casi prendono la gran parte del libro. I più gravidi di conseguenze sono la sfida della Spagna al Portogallo a fine Quattrocento per il dominio dei mari, la guerra nel Cinquecento della Francia agli Asburgo per l’egemonia in Europa, gli Asburgo contro i turchi nel Seicento, l’Inghilterra contro l’Olanda sempre nel Seicento per il controllo dei mari, la sfida della Francia all’Inghilterra, tra Sette e Ottocento, sui mari per le colonie, in Nord America e nel subcontinente indiano, l’Europa contro la Russia nella guerra di Crimea, e la Germania contro tutti nel primo Novecento, contra Francia e Inghilterra, contro la Russia-Unione Sovietica, contro l’America. Con successi alterni, per lo sfidante o per la potenza egemone.
Ma il tema vero del libro è la Cina: la guerra
prossima ventura tra Usa e Cina. Inevitabile a parere di Allison perché la Cina
è cresciuta e cresce in tutto, tecnica, commercio, finanza, scienza, armamenti.
Va a doppiare tra qualche anno il pil americano, e nel 2049, anno centenario della rivoluzione maoista, produrrà il triplo
che gli Usa. Allison si rifà ripetutamente a Napoleone: “Quando
la Cina si risveglierà, il mondo tremerà”.
Tutto ben raccontato, ma un’esercitazione sul nulla. Ci sarà la Cina nel 2049, una Cina comunistissima e ultracapitalista?
Allison è un vecchio simpatico scienziato politico a Harvard. Ma di più
consulente per la Difesa Usa, di vari ministri e autorità. È anche il
protagonista di un’inedita autopromozione su Wikipedia, un redattore pagando,
si è scoperto, per inserire sue citazioni un po’ dappertutto. Ma questo non
incide. Ciò che il libro vuole dire è che bisogna aprire una nuova guerra
fredda, con deterrenti in grado di scongiurare la guerra vera. Cioè: riarmo.
Una buona ricetta molto insidiosa.
Allison riesuma anche casi in cui le potenze hanno trovato un accordo
di mutua soddisfazione. In Europa dopo Hitler. Per Cuba sui missili. La
divisione dell’America tra Spagna e Portogallo con la mediazione papale nel
1494, con la raya a mezzo Atlantico tracciata
dal papa Borgia, il Sud al Portogallo (Angola, Brasile), il Nord alla Spagna.
Ma il tema è quello: la minaccia cinese. Che ha agitato e agita in ogni sede.
La “trappola di Tucidide” proponendo sulla prima pagina del “New York Times” un
anno fa per la visita del presidente cinese Xi a Trump.
Non un libro di storia, un’esercizio politico. Cui qualche obiezione
politica non guasta. È vero che la Cina punta agli Stati Uniti. Ma per stabilirvisi:
il boom immobiliare è sostenuto dai cinesi, comprano di tutto e pagano caro, hanno fretta. Anche
il presidente Xi, che ha mandato la figlia a studiare a Harvard, probabilmente
pensa di fare il nonno in una villetta americana, non si sa mai nei regimi
comunisti. Perché la Cina neo-imperiale è un regime provvisorio, di un partito
Comunista che guida con mano di ferro il più scatenato capitalismo del mondo. Quando
invece Pechino fa sul serio, con gli investimenti all’estero (il progetto marcopoliano
Via della Seta), o l’occupazione militare di isolotti abbandonati nella acque
delle Filippine o del Giappone, è tutt’attorno a sé che suscita paure e riarmi,
in Corea, Giappone, India, Malesia, Pakistan, Indonesia: una gulliveriana agitata è già in atto.
Graham Allison, Destinati alla guerra, Fazi pp. 517 €
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