È in Africa il mutamento più radicale dei
primi venti anni del millennio. Nelle condizioni sociali e ed economiche, se
non nella politica, che resta invece preda di dittature e corruzione. La popolazione
cresce dagli 818 milioni del 2000 ai 1.350-1360 nel 2020. La popolazione inurbata
raddoppia, da 280 a 560 milioni. Comincia a esserci un tessuto industriale, con
62 milioni di occupati. Con i servizi e la funzione pubblica, i salariati
passano da 75 a 140 milioni. I paesi che avevano almeno due milioni di
salariati erano otto a inizio millennio, sono ora diciotto.
Cresce il Nord Africa, che lavora molto per l’industria europea. La popolazione raddoppia al millesimo: da 173 a 246
milioni. I quattro maggiori paesi, Egitto, Sudan, Algeria e Marocco
raddoppiano anche i salariati, da 24 a 44 milioni.
L’Africa a Sud del Sahara, o Africa
propriamente detta, senza cioè il Sud Africa e gli stati arabi o arabofoni del
Nord, è quella che precede più spedita –
malgrado la politica. La popolazione passa da 590 milioni a un miliardo. Di 19
paesi africani che hanno almeno tre milioni di occupati nell’industria e i
servizi, cioè nell’economia moderna e non di sussistenza, quindici sono sub-sahariani.
Nella fascia alta dei salariati, paesi con più di 10 milioni di
contrattualizzati, c’erano Egitto e Sud Africa a inizio millenno, ci sono ora
anche Congo e Nigeria. Nella fascia immediatamente inferiore, tra cinque e
dieci milioni di salariati, ci sono anche Kenya (sette milioni) e Etiopia (sei)
– Ghana e Tanzania seguono con quattro milioni.
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