domenica 11 novembre 2018

Letture - 364

letterautore


Dante - Poeta ermetico. Il primo, ben prima di Ungaretti, e certo il migliore. Enigmatico, prima che apodittico. E apodittico spesso per via di enigmi. A ognuno la sua verità?

È sapiente, e lo sa. Tra i sapienti che salva nel castello del Limbo, Aristotele, Socrate e Platone da una parte, e i grandi poeti Omero, Virgilio, Orazio, Ovidio, Lucano, viene accolto da poeta “sesto tra cotanto senno”.

Eracliteo, pre-galileiano. Che la creazione fa coincidere col moto.
Il movimento come caratteristica specifica della divinità viene dal misticismo medievale: l’azione di Dio è muovere, e il movimento crea. Ma l’effetto in Dante è fisico e metafisico.

Realista? “La più grande finzione della Divina Commedia è che non c’è finzione” – Charles Singleton, il dantista americano.

Anticipatore di Einstein, della sua “visione” della 3-sfera. Carlo Rovelli, dopo Patapievici (“Gli occhi di Beatrice”) e il matematico americano Mark Peterson (1979), lo vuole anticipatore di Einstein. Non della relatività generale ma di una parte di essa, quella della 3-sfera, o ipersfera - la forma di Dio e del suo governo. In un saggio pubblicato sul “Sole 24 Ore” domenica 17 ottobre 2010, ricostruisce le analogie, e rimanda alla matematica di Peterson. La terra è una “sfera” ma “i matematici, precisi”, spiega Rovelli, dicono la “topologia”, cioè la “forma intrinseca” della terra, una due-sfera: “«due» perché sulla terra si può camminare in due direzioni principali nord-sud o est-ovest”. Se invece ci avventuriamo nell’universo con l’astronave, dove andremo a finire? Non al bordo dell’universo, né probabilmente all’infinito. Einstein ha ipotizzato che si possa fare anche nell’universo un giro come sulla terra, tornando al punto di partenza: “Questo è ciò che avviene se l’universo è una tre-sfera”.
Ma è un po’ il Medio Evo che è eisteiniano, si direbbe, leggendo Rovelli. Che trova
v già in Aristotele lo spazio come “struttura della relazione tra le cose”. Nel “Tesoretto” di Brunetto Latini “l’idea che la divinità risieda “oltre” il bordo dell’universo aristotelico. E nella rappresentazioni medievali l’immagine di Dio “come un punto di luce circondato da sfere di angeli”. Nella sua Firenze, inoltre, trovava in costruzione, mentre la lasciava, la cupola del Battistero, opera di grande richiamo, dove alla sommità c’è un punto luce suggestivo.
Mark A. Peterson, “Dante and the 3-Spehre”, “The Americam Journal of Physics”, pp. 1031-1035, gennaio 1979, fa una lettura matematica delle tre sfere di Dante. Tre letture: “Descriviamo”, dice nella sinossi iniziale, “tre metodi diversi di visualizzare l’«universo chiuso» S3”, doe S3 sta per la 3-sfera, “e segnaliamo il linguaggio della ‘Divina Commedia’ di Dante che suggerisce come egli visualizzasse l’universo alla stessa maniera, rendendo il suo universo topologicamente S3”. Su due certezze: “L’universo di Dante è esplicitamente non-euclideo”, mentre “la preferenza di Einstein per la cosmologia sferica è ben nota”.

Intellettuale – È caduto in discredito – cessata la funzione egemonica alla quale si pretendeva destinato da Gramsci – come quello che pretende di sapere quello che non sa. Philip Roth ne faceva l’epicedio già vent’anni fa, alla fine di “Pastorale americana”: “Questi profondi pensatori erano le sole persone di cui non poteva soffrire la presenza a lungo, queste persone che non avevano mai fabbricato nulla né avevano visto fabbricare nulla, che non sapevano come le cose fossero fatte  o come una fabbrica lavora, che, a parte la casa o una macchina, non avevano mai venduto nulla e non sapevano come vendere alcunché, che non avevano mai assunto un lavoratore, licenziato un lavoratore, addestrato un lavoratore, mai stati tosati da un lavoratore – gente che non sapeva nulla delle complicazioni o dei rischi di avviare un affare o gestire una fabbrica ma che tuttavia immaginavano di sapere tutto quanto è giusto sapere. Tutta quella coscienza, tutto quell’introspettivo introfularsi in ogni piega e crepa di un’anima erano repellenti, contro ogni senso della vita che conosceva”.
È scomparso senza residui. E, curiosamente, senza nostalgie, nessuno ne parla. 

Machiavelli – La lettura (condanna) che ne fa l’illuminismo ne dice la ristrettezza mentale, dell’illuminismo. È il filo di Horkheimer, “Gli inizi della filosofia borghese”. La lettura di Machiavelli avendo limitato al solo “Principe”, e del “Principe” al cap. VIII, finendo per farne un difensore della tirannia, lui che era repubblicano, e un castigatore della giustizia e dell’umanità. Il “Principe” è tutt’altro, i “Discorsi sulla prima deca di Tito Livio” pure, dichiaratamente, e la “Storia di Firenze”.

Omero –Tifa per i troiani. Il poeta dei poeti greci. Si capisce Virgilio – e la decisione di Augusto di discenderne.

Scorreggia – È la parola tabù per eccellenza nei media e nella scrittura, non più il “cazzo” che Zavattini sdoganò alla radio già molti decenni fa – ora in uso frequente anche alle scrittrici, insieme con i “coglioni”, a partire da Lucia Berlin. Da quando, cinque secoli fa, dopo Rabelais e l’Aretino, anche alla letteratura furono messe le mutandine. Lo usa Paul Auster alla prima pagina del “Diario d’inverno” sei anni fa. Il diario della vecchiaia – a 64 anni. Forse per dare subito il segno dell’incontinenza. Celebrando  “piaceri di mangiare e bere, di sdraiarsi nudo nel bagno caldo, di grattarsi dove prude, di starnutire e scorreggiare….”.

Scrivere – Si scrive “per una qualche ferita dei primissimi anni”, si dice ancora Auster in “Diario d’inverno”, “(perché altrimenti avresti speso tutta la tua vita adulta a sanguinare parole su una pagina?)”. Non è un divertimento – sempre meglio che lavorare?

Siti – Google è versatile, si sa, ingegnosissimo, riesce a ricostituire quello che cerchiamo anche attraverso la più distratta digitazione, da dialettici. Anche Amazon – perfino amazon.it. Al contrario dei siti commerciali italiani di prodotti culturali, Ibs, lafeltrinelli, basta una virgola sbagliata e non ci capiscono nulla. 


letterautore@antiit.eu

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