giovedì 22 novembre 2018

Letture - 365

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Boccaccio in Tirolo – L’ambasceria è messa in dubbio da Camilleri, nel falco boccaccesco che ora si riedita come “Antonello da Palernmo”, o “la novela che non fu mai scritta”: “Sembra che nel 1351 Boccaccio fosse stato inviato come ambasciatore nel Tirolo e in Baviera meridionale”. Ma il fatto è certo, almeno a quanto attesta Barbara Ricca, sul sito Fillide, 2013 – il sito di vuole del “sublime rovesciato: comico umorismo e affini”, ma la trattazione è seria:
“Dal 1350 Boccaccio svolge servizio come diplomatico per il comune di Firenze. Ha acquisito una certa notorietà con la diffusione delle sue prime opere, soprattutto L’elegia di Madonna Fiammetta, e ha cominciato la stesura del Decameron.
“Il 12 dicembre del 1351 a Firenze Boccaccio riceve in consegna due lettere, una diretta a Ludovico duca di Baviera, , marchese di Brandeburgo e l’altra al duca Konrad von Teck. Entrambe le lettere lo accreditano come «ambaxiator solemnis» della Repubblica fiorentina in Tirolo.
“Ludovico di Brandeburgo, figlio dell’imperatore Ludovico il Bavaro, è il secondo marito di Margarete ultima dei Tirolo, detta Maultasch. Sul loro matrimonio pesa la scomunica del papa, perché Margarete ha cacciato il primo marito Giovanni di Lussemburgo e ha contratto nuove nozze senza ottenere l’annullamento di quelle precedenti e senza la necessaria dispensa papale. Ludovico di Brandeburgo è spesso assente dal Tirolo perché impegnato a difendere i suoi possedimenti nel nord Europa e al suo posto governa il duca di Teck, coadiuvato da un gruppo di nobili bavaresi, invisi alla popolazione tirolese.
“L’incarico che Boccaccio riceve 1352 riceve dalla Repubblica è dunque quello di stipulare un accordo che sostenga Firenze in caso di guerra con i Visconti. Il 5 marzo del 1352 Ludovico di Brandeburgo risponde ufficialmente alle proposte di Firenze che presumibilmente gli sono state comunicate da Boccaccio. Ludovico decide di inviare a Firenze come ambasciatore Diepold von Katzenstein per trattare i termini concreti dell’aiuto e del sostegno che intende dare alla Repubblica contro i Visconti. Già a metà marzo von Katzenstein rientra in Tirolo senza probabilmen
te aver concluso accordi definitivi. Di altre ambascerie non si sa nulla.
“In conclusione sembra probabile che Boccaccio abbia soggiornato in Tirolo per il periodo che va dal dicembre del 1351 al 3 marzo del 1352, magari ospite delle attive comunità fiorentine presenti nella regione fin dai tempi di Mainardo” Ma non è finita:
“Nel 1932 esce il romanzo Boccaccio auf Schloss Tirol di Heinrich von Schullern. L’autore, nato a Innsbruck nel 1865, esercita dal 1918 la professione di medico nella sua città natale. È un autore dalla produzione molto vasta: numerose raccolte di poesie, ma anche parecchi romanzi.
“Sull’esile trama delle testimonianze che attestano un possibile passaggio di Boccaccio in Tirolo, von Schullern costruisce il suo romanzo. Immagina un incontro tra l’ambasciatore fiorentino e Margarete Maultasch, un incontro che non possiamo escludere sia avvenuto davvero, ma che rimane comunque nell’ambito delle congetture e delle ipotesi. Margarete è di per sé una figura controversa: le vicende che la vedono protagonista non sono sempre di facile lettura e hanno invitato storici e intellettuali ad una certa varietà di interpretazioni, fino a farne l’eroina di parecchi romanzi più o meno riusciti. L’elaborazione letteraria si esercita sostanzialmente su alcuni temi: la malformazione della bocca da cui deriverebbe il soprannome (“sboccata”, “puttanesca”, n.d.r.), la vita sessualmente sfrenata, la solitudine nell’esercizio del potere, il mistero della rinuncia finale. Margarete è infatti un personaggio decisivo nella storia del Tirolo: nel 1363, dopo la morte di Ludovico, cede tutti i territori, i possedimenti e i diritti ereditati dal padre agli Asburgo, creando un legame destinato a durare fino al 1918”. Una storia che Boccaccio avrebbe potuto inventare.

Dante – È di conforto. Tina Turner, la bellissima del rock ‘n blues, colpita da una serie di malanni che la costringono in ospedale in Svizzera, ictus, vertigini, cancro all’intestino, insufficienza renale,  quattro anni di ricoveri a catena in ospedale,  si consola leggendo libri, scrive, e Dante le serve “per lìintelletto”: “Stranamente ogni volta (a ogni ricovero, n.d.r.) tendo a portare gli stessi tre: ‘Il libro dei segreti’ di Deepak Chopra, ‘La Divina Commedia’ di Dante e un libro di fotografie della straordinaria Horst P. Horst, Qualcosa per lo spirito, qualcosa per la mente e qualcosa per i sensi”. Dante in uso praticoa è una novità, rispetto ai commentari dotti ai quali sembra destinato. Un Dante di ogni giorno.  

Hōlderlin – “Il poeta del poeta” lo vuole Heidegger, suo instancabile esegeta – qui in “Note I-IV”, l’ultimo dei “Quaderni neri”, p. 16. Mentre è – era – il poeta di tutti.
La stessa riduzione si vorrebbe con Leopardi. Che però resiste, benché abbia più titolo di Hōlderlin a poeta filosofico. Difeso dall’italiano – che vuol dire “poeta del poeta”?

Lettura - Cosa si perde in rete? Si sa, ma Kissinger lo spiega meglio, “Ordine mondiale”, 350: “La lettura è relativamente uno spreco di tempo; per facilitarla, lo stile è importante. Poiché non è possibile leggere tutti i libri su un dato argomento, tanto meno leggere tutti i libri, o di organizzare facilmente tutto quello che uno ha letto, imparare dai libri si fa attraverso la riflessione concettuale –la capacità di riconoscere dati ed eventi comparabili e di proiettarne gli schemi nel futuro”.
Leggere il giornale però non è la stessa cosa. Titoli, sommari, catenacci, sommarietti, “nasi”, l’impaginazione stessa dicono più del testi. E l’effetto è lo stesso che su internet, la lettura è uguale per giornali e rete, affrettata e superficiale, cumulativa – la prima difficoltà del giornalismo scritto nasce da qui: non allontanare il lettore, pur essendo veritieri e comunque precisi.

Nudo – “La donna nuda era eversiva”, ricorda Milo Manara con Alessandra Sarchi su “La lettura”, “oggi è soltanto banale”.

Stroncature – Fabio Tamburini le ha ripristinate, sua prima decisione da direttore del “Sole 24 Ore”. Sotto una testatina geniale, “Vivissime condoglianze”. Ma il suo “Modesto Michelangelo Scrofeo” la prende alla lontana, di libri o dischi che nessuno ha letto o ascoltato - e poi, uno stroncatore che si chiama Modesto Scrofeo non invita stroncature?
Non va meglio D’Orrico su “La Lettura”. Cui competerebbero ma mai vi si azzarda. Da ultimo,  per dire finalmente male di un romanzo, “Buonanotte a te”, di Roberto Emanuelli, si affida alla retorica:  “Dov’è finito lo scrittore che scriveva con tanto sprezzo del ridicolo come nessuno in Italia?” E fa l’esempio di una Francesca che in “Buonanotte a te” va a letto con uN meccanico e gli dice: “Rimetti la tuta blu, mi fa impazzire il mio meccanico quando mi prende”. “E poi”, continua D’Orrico, aggiungeva, «tra il professionale e pornografico»”: «Signor meccanico, può controllare se tutto è a posto?»”. Il ridicolo, o lo sprezzo (ma che vuol dire “lo sprezzo del ridicolo”?)?
In un certo senso è incoraggiante, che ci siano donne così. Che un autore, uno maschio, pensi che ci siano donne così. Oggi. Vuol dire che non legge i giornali. Ma esce in strada?

Trascrizioni – Usavano in musica prima dell’elettronica, a volte di un autore su se stesso, più spesso di un autore su un altro, Lizst su Beethoven, etc. Per uno strumento o una voce diversa, o ripresa in altro contesto, adattata, ridota, amplificata. Ora la musica non vuole daici, la “musica seria”. Le trascrizioni rimangono in uso nel jazz. Duke Ellingotn trascriveva Ciajkovskij, e una volta anche “Peer Gynt”. Gli Swingle Singers J.S. Bach, Rava Bizet, Uri Caine Mahler, e ora Mark Westbrook, a ottantadue anni, Rossini. Come già 35 anni fa, al festival di Losanna. Pur essendo cresciuto, fa notare, “con Puccini”. Solo il jazz ci può salvare?


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