È un’ipotesi anch’essa molto
africana. In Africa la polizia non fa
ipotesi investigative, ammesso che ce ne sia una a Mombasa e dintorni – che ci sia una polizia. Ci sono invece molti capi della polizia, vice-capi, dichiaratori, insomma persone importanti, a volte per una semplice birra. Ma non è questo il punto.
Il punto è che un rapimento va organizzato, con mezzi di trasporto,
ipotesi investigative, ammesso che ce ne sia una a Mombasa e dintorni – che ci sia una polizia. Ci sono invece molti capi della polizia, vice-capi, dichiaratori, insomma persone importanti, a volte per una semplice birra. Ma non è questo il punto.
Il punto è che un rapimento va organizzato, con mezzi di trasporto,
alloggi, alimentazione. In Africa come in
Sardegna o in Calabria, e negli Stati Uniti. E che, nemmeno a Mombasa, in un
villaggio semisterrato vicino Mombasa, si possono ritirare dei soldi al bancomat
e “caricarli sul cellulare” – questo ancora non si può fare in Italia (si può
solo, solo da qualche settimana, scaricare l’acquisto col celullare sulla carta
di credito). L’Africa è povera, poverissima, sfruttata, dissanguata perfino, ma
non è ingenua né infantile, come la pensano i volontari. Questo è un residuo
del razzismo, il “mal d’Africa” dei vecchi coloni. L’Africa nera è complessa e
sofisticata, come ogni altra parte del mondo. Accetta le elemosine, ma di cose
utili, e anzi forse solo di cure e medicine, che purtroppo si pagano in soldi e
sono care.
C’è, è inevitabile, un
romanticismo dell’Africa. Dei grandi spazi, dei grandi animali. Ma bisogna viverlo
come gli africani, con circospezione. Loro, se non altro per il bisogno, ne
sanno quanto noi e forse di più – in una antropologia rovesciata, ci direbbero
ingenui.
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