mercoledì 28 novembre 2018

Napoli dickensiana muta

Seppiato è il colore della memoria. E poiché la fortunata serie di Elena Ferrante si racconta attraverso la memoria, il colore dell’indistinto sembra scelta obbligata al cinema oltre che felice. Ma è un mondo a una dimensione che ne nasce, in due ore di filmato, malgrado l’espressività naturale delle due piccole protagoniste. Una Napoli dickensiana, cioè fuori registro.
Costanzo, che ha adottato la cifra sintetica di Rossellini, dell’ultimo Rossellini, di mostrare invece di dire – gridare, inveire – ha creato due icone nelle piccole Gaia Girace, la bruna Lila, il maschio in noi, inventivo, calcolatore, determinato, e Margherita Mazzucco, la chiara Lenù, la figlia tipo della famiglia borghese tipo, che la madre coarta e il padre protegge, destinata alla sofferenza senza altro motivo. Ma, troppo presenti, nella sceneggiatura e\o nel montaggio, la narrazione fanno infine sorda, appiattita sull’inevitabile.
La scelta del dialetto stretto, da far sentire via sottotitoli, aggrava la sensazione con la distanza. Di un mondo piatto e – perché - remoto.
Saverio Costanzo, L’amica geniale

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