La foto del “Vlora” coperto di
esseri umani fece il giro del mondo, e al mercantile fu allora consentito l’approdo
a Bari, per le pessime condizioni igieniche a bordo e per il rischio di naufragio.
I 17 mila furono rinchiusi nello stadio, e sfamati dall’alto con gli
elicotteri. Finché l’operazione rimpatrio non fu pronta: un paio di jeans, una
maglietta, 50 mila lire in contanti ognuno, e circa 20 mila albanesi, più di quanti
erano arrivati col “Vlora”, furono rimpatriati in tre giorni con un ponte aereo
impressionante, di cargo militari e aerei Alitalia, e di mezzi della Marina.
Fu l’ultimo momento di gloria
per l’Italia in Germania – il rimpatrio con 50 mila lire. Era l’agosto del
1991. Era presidente del consiglio Andreotti, ministro dell’Interno Scotti,
capo della Polizia, e ideatore del rimpatrio, Vincenzo Parisi. Furono rimpatriati
tutti gli albanesi sottomano, eccetto 1.500, per i quali era aperta la pratica
di rifugiato politico.
L’operazione fu ripetuta, in
dimensioni non così gigantesche ma significative, in condizioni giuridicamente sovraesposte e censurabili, sei anni dopo, sempre in
agosto, presidente del consiglio Prodi, ministro dell’Interno Napolitano. A
marzo ne erano arrivati 10 mila, ma 7 mila, già irreperibili, si faticò a
ritrovarli qua do il rimpatrio forzoso infine fu deciso.
Intanto, a fine marzo, c’era
stato lo speronamento di una motovedetta albanese, la Katër i Radës, “quattro in rada”, da parte della
corvetta Sibilla della Marina militare, nel tentativo di impedirne l’approdo
sulla costa italiana. I morti erano stati 105-108. L’imbarcazione albanese era
piccola, per nove membri di equipaggio,
ma aveva caricato 142 persone.
Il blocco navale “Balena Bianca” deciso dal
governo Prodi era stato dichiarato “illegale” dall’Alto Commissariato Onu per i
Rifugiati, in quanto la materia immigrazione era regolata da un accordo
bilaterale tra il governo italiano e quello albanese, dal quale non provenivano
quindi iniziative ostili.
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