Come è cambiata in pochi anni la globalizzazione, la
relazione Usa-Cina che ne è alla base: dalla concertazione al confronto. Ma
Kissinger, che della coesistenza con la Cina, e quindi in nuce della globalizzazione, era stato l’artefice nei primi anni
1970, già ne dava conto nel suo voluminoso trattato “Sulla Cina”, nella postfazione
alla riedizione nel 2102.
Il confronto non trova nessuna traccia ufficiale in
Cina, avvertiva, “anzi si riafferma il contrario”. Ma “abbastanza materiali
circolano in Cina”, rilevava, “nella stampa semi-ufficiale e nei centri di
rierca pubblici per sostanziare la teoria che le relazioni cino-americane muovono
verso lo scontro piuttosto che verso la cooperazione”. Mentre negli Stati Uniti
rilevava un ritorno della “eccezionalità” americana nel senso della democrazia
da “esportare”, perché solo la democrazia aiuta la pace. Lo rilevava “in una
parte del mainstream”, dell’opinione
pubblica dominante, “a destra e a sinistra”. Con la persistente obiezione che
la Cina “prospera in un sistema internazionale mantenuto dall’America, mentre
mantiene relazioni amichevoli o non impegnate con buon numero di avversari dell’America”.
Trump non ha inventato nulla.
Kissinger cita anche studi e rapporti degli Stati
maggiori americani preoccupati dal riarmo cinese. Non ne analizza la valenza,
ma a, conftonto militare crede meno. Pilastro del suo trattato è che la Cina è
ben Zonghuuo, che si traduce Regno di
Mezzo ma nel senso di Regno Centrale. Quello della cui superiorità culturale ogni
altro deve dare atto. Ma il predominio si vuole culturale, l’espansione si
ferma “alla linea della costa”. La Cina non ha mai colonizzato niente, rileva -
due sole invasioni ha tentato, entrambe contro il Giapone, ma a opera di
imperatori mongoli, peraltro fallite contro i venti avversi, i kamikaze, “venti divini”.
Fino a ora, ormai da mezzo secolo, il rapporto fra Usa
e Cina è quello avviato da Kissinger nel 1971, della “coesistenza concertata”.
La politica che ha stabilizzato il Pacifico, dopo il Vietnam, facendone l’area
di maggiore sviluppo al mondo e nella storia. Nixon e Mao la consacrarono nella
stessa Pechino l’anno successivo. La “coesistenza concertata” si basava, e si
basa, sull’accantonamento di tutto ciò che può creare frizioni, per dare libero
corso invece alle opportunità di scambio e libera evoluzione delle reciproche
sfere d’influenza.
Nei contatti segreti a Pechino nel 1971, e poi
nell’incontro “storico” di Nixon con Mao, che pose le basi della
“globalizzazione”, nientedimeno, la “coesistenza concertata” prevedeva anche,
scrive Kissinger, un meccanismo di “valutazione delle vere intenzioni” dell’una
e dell’altra parte in caso di crisi, sempre al fine di sciogliere attriti e
questioni che ne fossero alla base, per consentire ai problemi di dissolversi,
spiegarsi, rientrare.
Ben prima della “trappola di Tucidide” del professor Allison,
il professor Kissinger sapeva nel 2011 (pubblicò il trattato per i quarant’anni
della sua visita a Pechino) che in quindici casi studiati di confronto tra una
potenza emergente e una potenza dominante, undici volte la cosa è finita in
conflitto. Ma la pace, dice, non si fa con la guerra.
Henry Kissinger, Cina, Oscar, pp. 514 € 13
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