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sabato 29 dicembre 2018

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (384)

Giuseppe Leuzzi


Vinte per un soffio le primarie per l’elezione a governatore dello Stato di New York, che potrebbero essere la sua terza elezione vincente di fila, Andrew Cuomo ha promesso che legalizzerà la marijuana, il cavallo di battaglia alle primarie della contendente Cynthia Nixon. La legalizzerà, ha detto, a protezione delle minoranze: “Le leggi contro la marijuana hanno disproporzionatamente colpito gli afroamericani e altri gruppi minoritari”, ha spiegato. Lo steso potrebbero richiedere i (giovani) calabresi che ne fanno (piccola) coltivazione, negli anfratti dei torrenti, demaniali. Coltivatori diretti.

In morte di Sandra Verusio, la “marchesa rossa” dei salotti romani, si rispolvera una sua vecchia intervista, 2006, con Sabelli Fioretti. Che richiama a un certo punto un complimento di Lucio Villari, uno dei suoi ospiti abituali. “Sara è una vera dama da intrattenimento”. Al che lei obietta: “È stato molto carino. Però è una definizione da uomo del Sud. Solo in Calabria potrebbero dire: «donna da intrattenimento»”. Che sarà suonato strano a Villari, che probabilmente non sa niente della Calabria. Ma avrà capito che era un modo di dire per rincularlo al fondo della considerazione.

Nella stessa intervista la “marchesa rossa” spiega come funzionava il suo salotto, chiamato “la Stabile”. Domanda: “La Stabile è tremenda: come avviene la decapitazione?” “Con piccole frasi, battutine fredde e poi una telefonata tagliateste”. “Il tagliatore di teste è Scalfari?” “Sì, ma come tutti i grandi capi non lo fa personalmente”. “E cioè?” “Scalfari fa capire e qualcun altro fa sapere”. Un metodo che la sociologia dei Carabinieri direbbe mafioso. A Roma, a sinistra.
Però, è vero che Scalfari è calabrese, anche lui.

Nel 1949 il film “Patto col diavolo” di Luigi Chiarini, su soggetto di Corrado Alvaro, “parla male della Calabria”: i deputati Dc calabresi protestano. Il rito si perpetua, a ogni film, o telefilm, o anche solo romanzo. Come il rito opposto, di dirne comunque male, dei deputati che protestano e della Calabria. Il Sud raramente sorprende, è frasi fatte.

Scrivendo nel 1951 contro la censura sul “Corriere della sera”, Corrado Alvaro spiega: “Al tempo del passato regime, le culture straniere e reputate nemiche, cui per decenza non si poteva impedire del tutto il passo, formarono la vita nazionale e la portarono alla fuga da se stessa e al disprezzo di sé”. La “fuga da se stessi” e il “disprezzo di sé” non sono dunque buone cose. Anche per la Calabria di Alvaro?

“La Lega cala al Nord e cresce al Centro-Sud”. Sempre il Sud, potendo votare, ha scelto l’alternativa peggiore.

Morire a Milano
Uno degli aspetti raccapriccianti dell’uomo, un tifoso dell’Inter, tranciato a metà da un suv nell’agguato, interista, a Milano contro i tifosi del Napoli il giorno dopo Natale, alle 7,20 di sera, è la sottovalutazione del caso, a Milano, per lunghe ore. Da parte della questura, pur diretta da un ex arbitro, testimone di molta violenza nel calcio, di Reggio Calabria, dove la violenza omicida si vuole il marchio urbano. E da parte dei giornalisti. Ancora la “Domenica Sportiva” su Rai 1, a mezzanotte, si limitava a menzionare, di passata, fra le tante chiacchiere, che prima della partita c’erano state schermaglie tra le opposte tifoserie, “con feriti, pare, da arma da taglio”. Un trasmissione che pure si fa in diretta, a Milano.
Non c’è colpa in questo, e comunque il morto era già morto, né gli spettatori avrebbero potuto farci nulla. Ma la sottovalutazione è una verità indigesta, la gestione della notizia.
Quando si fa antimafia, si fa tutto alle prime ore del mattino con comunicazione tempestiva e immagini ai primi notiziari Rai e poi per tutto il corso della giornata. Quando tre gruppi di tifosi interisti neo nazisti si mettono insieme a Milano, convergendo da Varese e da Nizza, e si appostano su una delle strade di accesso allo stadio ma lontano dai luoghi presidiati dalla Polizia, un luogo defilato da cui sanno, come?, che dovranno passare i tifosi napoletani, con punte da muratore, roncole, martelli, mazzette comprate per l’occasione, con l’etichetta ancora attaccata, e bastoni di legno, e c’è un morto in condizioni orribili, non se ne sa nulla.
Ci sono molti precedenti, purtroppo, di violenza dentro e fuori degli stadi, tra gruppi di opposte tifoserie, più o meno organizzate. A Roma, a Torino, nella stessa Milano, e altrove. Ma il Tg 1 trova solo da ricordare quello di venti anni prima a Catania, in cui morì l’ispettore Raciti.

La Magna Grecia micenea
Ci fu un periodo miceneo-minoico (miceneo si deve a Schliemann, 1878), fino al Mille circa a.C. Poi un periodo di “secoli bui”, di immigrati indo-europei – i dori – che occupano l’Egeo e le sue isole, riducendo i greci al silenzio. Fino all’VIII secolo, quando i greci, ispirandosi all’alfabeto fenicio, riacquistarono l’uso della scrittura – e fiorì Omero. Si dibatte se temi e assetti sociali dell’Iliade e dell’Odissea siano quelli dell’epoca micenea oppure dei “secoli bui”.
Ci fu una primavera micenea-minoica dunque, estesa anche a quella che sarà la Magna Grecia. Le migrazioni della fine del secolo VIII, verso Locri, Napoli, Ischia e Marsiglia erano state precedute mezzo millennio prima dai Micenei. I costruttori lapidei. I fedeli del Toro.
Una terza revisione della storia greca va messa in cantiere, dopo quella operata trent’anni fa da Einaudi, sotto la supervisione di Settis, che la Grecia collegò alla Mesopotamia e all’Egitto. Una pre-Magna Grecia che si ricostruisce lenta, anche di malavoglia, per i ritrovamenti di medaglie, monili, ceramiche. E per dare un senso alla toponomastica e alle costruzioni megalitiche.

Il Sud comincia a Teano Ovest
Nessuno ignora che il Sud comincia a Teano Ovest. A destra sull’autostrada scendendo verso Napoli. Tra i rivenditori di accendini. Di orologi mostrati in segreto - dentro i giacconi. Di telefonini. Che affollano-attorniano l’automobilista in sosta per esibire la mercanzia, con discrezione, supposta – con la supposizione della discrezione.
Questo alcuni anni fa, ora la stazione di servizio è ingigantita, ben pulita e ben servita. Ma alcuni anni fa la memoria, di una stazione che poi fu sempre evitata perché appunto troppo affollata, si presentava così. Era piccola. Con due baristi tra bancone e cassa. Che sapevano servire un torpedone in due minuti, di nordamericani, forse canadesi, in età che balbettavano parole italiane indistinte, tra le mezze minerali, non gasata, non gelata, non calda, e l’infinita serie dei caffè, lungo, ristretto, bianco, e cappuccini, per non dire dei sandwich tra i quali erravano perplessi, con ripensamenti. Il caffè era anche buono.

Il Sud al Nord
Non è difficile scrivere del Sud al Nord, del Nord come Sud: stranezze, sconcezze e malefatte. Rivoltare la carta – la proiezione di Mercatore.
O solo scrivere rovesciato. Scrivere del Nord come al Nord si scrive del Sud, come di un mondo remoto. Bizzarro, strano. È l’unica ricetta – l’unica via all’affrancamento. Sarebbe.
Perché si può fare, e si fa – probabilmente si è fatto. Ma dire, per esempio, il minestrone insipido come lo fanno i milanesi, tutto acqua, non porta a niente. Si dice, se si dice, inutilmente.
Il problema sorge non quando non è si è totalmente estranei - perché allora: o prendere o lasciare. Ma quando si è vicini, senza esserlo.
Al Nord questo gioco riesce meglio perché è lontano. Il Sud invece è attaccato al Nord, come un saprofita – nel vero senso, dell’organismo che si nutre di materia morta o in decomposizione, masticando i rifiuti del Nord.


leuzzi@antiit.eu

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