domenica 9 dicembre 2018

Col Pd a quota 15 i cattolici si separano

La via è tracciata per chiari segni, e probabilmente senza ritorno, della separazione tra le forze ex comuniste ed ex democristiane che avevano dato vita nel 2006 al partito Democratico. Dopo le varie confederazioni  dell’Ulivo, e il vecchio compromesso storico di Moro e Berlinguer. Quindi dopo  quarant’anni.
Renzi tergiversa ma la direzione è quella. I vescovi la danno per scontata, lanciando il foro di aggregazione “Insieme”.
L’iniziativa parte infatti dai cattolici. Ed è intesa alla costituzione di un “movimento”. Che non si vuole in una certa collocazione nell’arco parlamentare ma di fatto – loro dicono “necessariamente” – è centrista. Che non è cioè vincolato come lo è il Pd, ma in grado eventualmente di rimettere in gioco una certa destra, parte del centro-destra. Non una Dc, un partito di notabili che controllano il voto, ma un movimento, come vuole la scena attuale.
La decisione non sarebbe stata presa, ma tutte le iniziative convergono in questa direzione. Si sa invece da che nasce questa prospettiva. Dal fatto che l’ex Pci, a lungo considerato lo “zoccolo duro” del Pd, è invece limitato e forse non più esistente. Parte essendo confluito nell’astensione, e parte nelle formzioni movimentiste, 5 Stelle al Sud, e Lega in Emilia e in Toscana. Con pochi “residuati nostalgici”, di D’Alema e Bersani. Il calcolo è che il voto Pd, attorno al 15 per cento, possa raccogliersi agevolmente attorno alla nuova formazione. Grazie anche al credito maturato da Mattarella, terminale naturale della nuova formazione. Che però è compatta e diventa l’ago dela bilancia , con libertà di manovra.
Punzecchiature, conciliaboli, schieramenti mediatici, alla Rai e nei maggiori quotidiani, seguono questo tracciato. Il ritiro di Minniti dalle primarie Pd segnala l’impossibilità di agganciare le due anime – un ex dalemiano che correva con Renzi. Lo stesso Mattarella che non va all’inaugurazione dell’Opera di Roma, benché libero da impegni, mentre presiede alla prima della Scala, com’è l’uso, ma anche a quella di Rimini (l’impegno è ora cancellato per il disastro di Corinaldo), e poi a Palermo, lo fa per un solo motivo: l’Opera è Fuortes, un manager di D’Alema. 
È un’epoca storica, si può dire, che finisce. Con un nuovo protagonismo dei cattolici democratici, in nome proprio. Che libera anche uno spazio per una forza politica di sinistra, ma ipoteticamente – non è questo che preoccupa Renzi & co, che la politica concepiscono come movimento, adattabilità.

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